Il Comitato contro la guerra in Ucraina, in solidarietà con la popolazione ucraina e con gli oppositori di Putin in Russia, ha preso atto che la Conferenza per le Riforme in Ucraina si terrà, come da tempo previsto, a Lugano il 4 e 5 luglio 2022. Il nome, causa la guerra in corso, è stato modificato in Conferenza per la Ricostruzione dell’Ucraina (Ukraine Recovery Conference, URC2022).

Essa si inserisce in una serie di conferenze volte ad accompagnare un grande programma di riforme a partire dagli avvenimenti di Euromaidan (manifestazioni pro-europeiste scoppiate in Ucraina nel novembre 2013). Questo ciclo di conferenze, previste inizialmente con scadenza annuale, giunge oggi alla sua quinta rassegna e consente alla Svizzera di essere il Paese organizzatore congiuntamente all’Ucraina.

Questo vasto programma di riforme, nel gergo tradizionalmente usato dalle grandi istituzioni politiche/economiche/finanziarie mondiali, traduce di fatto il credo neoliberista che ha contraddistinto questi ultimi decenni di storia, partendo grosso modo dall’accoppiata Ronald Reagan e Margaret Thatcher ad inizio anni 1980. Il Cile di Pinochet fu uno dei primi laboratori di neoliberismo con esperimenti nel campo delle privatizzazioni, della deregolamentazione nel mondo del lavoro, dei tagli draconiani alla spesa sociale, della riduzione progressiva e marcata dei compiti dello Stato, dell’apertura agli investimenti dei mercati internazionali, del conservatorismo e concorrenza fiscale.

Il ruolo dei Paesi capitalistici e delle istituzioni finanziarie internazionali è stato molto importante e anche evidente dal punto di vista dell’impostazione ideologica nel processo fin qui realizzato nei confronti dell’Ucraina e delle sue riforme. La lista dei partecipanti non lascia dubbi al proposito: Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Banca Europea per gli Investimenti, Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Unione Europea, NATO, OCSE, per non citare che le principali.

Tutte queste organizzazioni perseguono la creazione di nuove occasioni per investire e fare profitti. La logica è quella. Le enormi ricchezze dell’Ucraina, come le sue materie prime e le sue terre particolarmente fertili, non sono estranee a questo interesse. L’occasione data dalla guerra in corso e dalla ricostruzione, che prima io poi avverrà, hanno dato un’accelerazione a questi appetiti.

Due esempi mostrano chiaramente questa logica e indicano anche molto bene in quale direzione si muove il governo di Zelenski: la Riforma Agraria e la Riforma del Codice del Lavoro.

Per quanto riguarda la Riforma Agraria, vero fulcro degli interessi economici occidentali, ma pure della Russia e della Cina, notiamo che l’Ucraina con i suoi 32 milioni di ettari arabile di ricco e fertile suolo dispone dell’equivalente di un terzo dell’intero terreno coltivabile esistente nell’Unione Europea. Basta questo dato per spiegare il grande interesse di banche e multinazionali agroalimentari per acquisire terre in grandi quantità. Dall’indipendenza nel 1991, con la fine del ruolo centrale dello Stato nel settore e la conseguente immissione sul mercato di una quantità enorme di terre, le pressioni sui vari Governi succedutisi negli anni si è via via intensificata. Il governo Zelensky non ha fatto eccezione e nel 2020, in  piena pandemia da Covid19, ha abrogato una moratoria del 2001 che poneva forti limiti alla vendita di terreni a stranieri. Banca Mondiale, banche private e altre importanti istituzioni internazionali hanno stanziato nel corso degli anni ingentissime somme per favorire questa scelta. Naturalmente sempre sotto il cappello dell’aiuto allo sviluppo…

In questo arrembaggio spiccano aziende agroalimentari occidentali come la Archer Daniels Midland, Bunge, Cargill, Monsanto, Louis Dreyfus, Kernel, NCH Capital, AgroGenerations, ma anche l’impresa statale cinese COFCO e la saudita Continental Farmers.

L’opposizione questa liberalizzazione è forte tra la popolazione ucraina e molte proteste hanno avuto luogo. La consapevolezza dell’enorme importanza delle proprie terre agricole non sfugge di certo alla popolazione, in particolare a chi vive proprio di agricoltura.

Il governo Zelensky ha di fatto scelto la via indicata dai grandi centri politici/economici/finanziari internazionali.

Un secondo esempio altrettante illuminate degli orientamenti neoliberisti di Zelensky & Co riguarda la riforma del Codice del Lavoro. In piena guerra contro l’invasore russo, la maggioranza parlamentare ucraina ha approvato in prima lettura nelle scorse settimane una nuova Legge del Lavoro. La Confederazione dei Sindacati Indipendenti dell’Ucraina (KVPU) ha bollato la nuova legge come un vero colpo di mano messo a segno dal governo Zelensky approfittando del clima di eccezione dovuto alla guerra.

I contenuti della nuova Legge del Lavoro non lasciano dubbi quanto ai suoi orientamenti ideologici: libertà totale da parte del datore di lavoro di licenziare senza fornire i motivi, possibilità di imporre lavoro straordinario, possibilità di lavoro nei giorni festivi e nei fine settimana, prevalenza di accordi tra datore di lavoro e dipendenti “a propria discrezione su una base reciprocamente concordata” per quanto riguarda salari, norme lavorative, bonus, gratifiche, durata dell’orario di lavoro, dei periodi di riposo, sicurezza. Secondo la KVPU questa nuova Legge del Lavoro “libera le mani dei datori di lavoro e in sostanza mina i diritti dei lavoratori”. Una simile proposta di legge è assolutamente inaccettabile per qualsiasi motivo, e del tutto abusiva durante lo stato di guerra, quando i dipendenti sono già intrinsecamente limitati nei loro diritti.”

Addirittura il parere del Comitato per l’Integrazione Europea, non propriamente un manipolo di rivoluzionari, valuta che “Il disegno di legge, nella formulazione proposta, indebolisce il livello di protezione del lavoro e riduce la portata dei diritti del lavoro e delle garanzie sociali dei dipendenti rispetto all’attuale legislazione nazionale. I parlamentari non stanno accorciando, ma allungando il percorso dell’Ucraina verso l’UE”.

Il Governo Zelensky ha dunque fatto una scelta di campo ben precisa e questi due esempi ne sono la prova tangente.

Da parte sua la popolazione ucraina sta dimostrando giorno dopo giorno di avere delle capacità organizzative notevoli e molto efficaci. Dall’inizio dell’aggressione dell’esercito russo, la società civile si è mobilitata nella difesa del territorio, delle infrastrutture, delle città e dei paesi, nella difesa dei più deboli, nel mantenimento della speranza e della ineluttabile ricostruzione del Paese. Questa forza collettiva deve indicare in modo inequivocabile chi dovrà occupare un ruolo centrale, chi dovrà indicare bisogni e modalità della ricostruzione e prendere le decisioni necessarie.

Di sicuro non dovranno essere gli appetiti delle multinazionali, degli organismi finanziari internazionali, o le mire e le ambizioni dei politici. Solo il popolo ucraino è in grado di assolvere questo immenso compito e di difendere le sue vere aspirazioni, soprattutto nell’ottica di ricostruire quasi per intero un Paese aggredito brutalmente da uno degli eserciti più potenti al mondo.

Un’altra Ucraina è possibile, diversa da quella immaginata dai potenti del mondo!

Il mondo della solidarietà ha il compito di sostenere questa dinamica e aiutare la popolazione ucraina nella difesa dei propri diritti.