ristina Gardenghi – deputata in Gran Consiglio per i Verdi del Ticino

Durante l’imminente sessione di Gran Consiglio discuteremo il progetto di riforma fiscale proposto dal Governo lo scorso 10 luglio. Se da un lato si saluta positivamente l’eliminazione dei privilegi fiscali alle aziende a statuto speciale — modifica peraltro richiesta dai nuovi parametri entrati in vigore in seguito all’accettazione della riforma federale (RFFA) — dall’altro non si possono che constatare una mancanza di lungimiranza nell’utilizzo dello strumento fiscale e una anche una certa imprudenza nella gestione delle finanze pubbliche. Per contrastare l’accresciuta concorrenza fiscale inter-cantonale, il Governo propone una riduzione progressiva, ma considerevole, dell’aliquota cantonale dell’imposta sull’utile a tutte le aziende (dal 9% odierno fino al 5.5% a partire dal 2025). La volontà di mantenere o creare in Ticino un certo terreno fertile per le aziende è legittima, ma non a ogni costo: una riduzione così drastica dell’aliquota cantonale, che costa 73.1 milioni di franchi solo al Cantone, dev’essere almeno vincolata a una garanzia di qualità rispetto alle aziende che vogliamo attirare. Qualità in termini di valorizzazione del territorio, di rispetto dell’ambiente, di impegno profuso in particolare per contrastare l’emergenza climatica; in termini di garanzia sì di posti di lavoro, ma che siano dignitosamente retribuiti, che permettano una conciliazione reale tra famiglia e lavoro e che gratifichino quel bisogno di realizzazione professionale che ogni individuo ha diritto a coltivare. Occorre riconoscere il valore aggiunto che un certo tipo di azienda può portare alla società, all’ambiente e al territorio, e finalmente conferirgli l’importanza che gli spetta, sicuramente maggiore a quella del suo contributo in meri termini di gettito fiscale. Va infine sottolineato come tale riforma cerchi irresponsabilmente di riversare la ‘patata bollente’ della concorrenza fiscale nelle mani dei Comuni, alimentando inoltre una inspiegabile disparità di trattamento tra persone fisiche e giuridiche. L’introduzione della possibilità di differenziare i prelievi fiscali comunali imposti alle aziende da quelli imposti alle persone fisiche a partire dal 2025, porrà infatti le basi per una spietata gara al ribasso del moltiplicatore comunale per le persone giuridiche. Fuori dai giochi resteranno come sempre i comuni meno abbienti, in primis quelli periferici: essi vedranno diminuire il gettito fiscale correlato alle imprese sempre meno incentivate a restare e saranno immancabilmente costretti ad aumentare i moltiplicatori delle persone giuridiche. Ecco perché voterò no a questo progetto di riforma fiscale, che manca di progettualità, responsabilità e lungimiranza.

Cristina Gardenghi