Si è parlato pochissimo di scuola in questa campagna elettorale. Peccato. La scuola esiste anche se non se ne parla. Per certi versi è anche meglio che la si tenga fuori dalla contesa politica. Però…


C’è un progetto di riforma di grande respiro che è stato messo sul tavolo proprio in periodo elettorale. Che non se ne discuta mi sembra indicativo di come il progetto in questione sia debole e destinato a poca fortuna.

A me interessano poco le grandi riforme. Gli americani dicono “non aggiustare ciò che non è rotto”. E con la nostra scuola deve valere il medesimo principio. Lo stesso consigliere di stato Bertoli nella sua prefazione al progetto di riforma dice che la “scuola ticinese è buona”. E sono d’accordo.

I nostri allievi pur se non brillano negli inutili e stucchevoli test PISA, sono tra coloro che hanno il maggior successo accademico in Svizzera. La nostra scuola media integra ragazzi provenienti da situazioni diversissime, sia per estrazione socioeconomica, sia per provenienza geografica. I nostri docenti sono i meno pagati della Svizzera ma sono in generale motivati e appassionati per quel che fanno.

Credo che occupandoci della scuola dell’obbligo dovremmo essenzialmente tenere conto di tre punti di forza. Il primo è la qualità dell’insegnamento. Qui occorre sostanzialmente fare due cose: la prima è abbassare il numero di allievi per classe. Bertoli ci ha provato e ha fallito. Occorre riprovarci e riuscirci. È il singolo provvedimento che avrebbe più incidenza sulla qualità del rapporto tra discenti e docenti: un rapporto che non è una parte della scuola, esso È la scuola.

Il secondo punto è salvaguardare l’autonomia didattica del docente. I nostri docenti non possono diventare dei funzionari del governo. Ognuno di loro va messo nella condizione di rimanere un “maestro” nel senso più bello di questa meravigliosa parola. Toccare questa autonomia significa mettere il bavaglio alla scuola, ridurla a una fabbrica di futuri piccoli attori economici. Noi vogliamo invece che la scuola accompagni giovani donne e giovani uomini nel viaggio della vita.

Infine, i docenti vanno protetti. Oggi più che mai i docenti sono esposti a ogni sorta di pressione. La loro figura va tutelata, per esempio tramite l’assicurazione giuridica pubblica proposta dai Verdi nel nostro programma. Perché mai un funzionario non deve rispondere di persona dei propri errori mentre un docente deve anche pagarsi l’avvocato?

Ecco sono piccole misure come queste, piccoli passi, di cui ha bisogno la scuola. Non grandi riforme, non grandi esperimenti che si dipanano sull’arco di vent’anni.

Non si aggiusta ciò che non è rotto ma ci si prende cura di ciò che è importante.
E la scuola lo è.

Sergio Savoia
coordinatore dei Verdi del Ticino
candidato per il Consiglio di Stato e per il Gran Consiglio