Altamente preoccupati per il numero di ben tre suicidi di giovani richiedenti asilo in un anno, e ben più numerosi tentativi di suicidio, si sono dimostrati attori strettamente legati all’asilo, specialisti che ci lavorano addirittura da decenni, politici e persone semplici. 

Samantha Bourgoin – Verdi del Ticino e Beppe Savary – Borioli PS-GISO-FA, con un’interpellanza interpartitica chiedono al Governo una presa di posizione precisa e dettagliata dal momento che tutti e tre i giovani suicidi erano affidati all’assistenza dei servizi del Cantone, sia direttamente sia tramite Croce Rossa oppure anche tramite servizi sociali e l’organizzazione socio psichiatrica. In ogni caso il Cantone, direttamente o indirettamente è implicato e non può sottrarsi neppure dall’assumere i costi del trasporto della salma di Arash in Afganistan.

Chi l’ha sostenuta

Matteo Buzzi -Verdi del Ticino, Mattea David – PS-GISO-FA, Yannick Demaria – PS-GISO-FA, Sara Demir – il Centro+GdC , Ivo Durisch – PS-GISO-FA, Maddalena Ermotti-Lepori – il Centro+GdC, Daria Lepori – PS-GISO-FA, Tamara Merlo – Più Donne, Massimo Mobiglia – GVL e Giovani Verdi Liberali, Maura Mossi Nembrini – Più Donne, Sergio Morisoli – UDC, Marco Noi – Verdi del Ticino, Roberta Passardi – PLR, Giulia Petralli – Verdi del Ticino, Matteo Quadranti -PLR, Fabrizio Sirica – PS-GISO-FA, Roberta Soldati – UDC, Nara Valsangiacomo – Verdi del Ticino

Testo dell’interpellanza

Arash, i richiedenti asilo e i diritti umani

Arash, afghano 20enne, si è suicidato al Centro richiedenti l’asilo di Cadro dov’era ospite da circa un anno. Il giovane era giunto in Svizzera nel 2019 come minorenne non accompagnato. Il tragico epilogo martedì 11 luglio, nella sua camera. Considerando che è il terzo giovane richiedente asilo afghano, a noi noto, che si suicida in Ticino nell’ultimo anno, la tristezza si somma allo sconcerto.

Sono diverse le informazioni emerse dopo il triste evento. Sembra che gli altri due giovani afgani che in Ticino nell’ultimo anno si sono tolti la vita, si trovavano in un altro momento della procedura d’asilo e non erano più alloggiati in un Centro. Uno dei giovani si era suicidato a Lugano nel luglio del 2022, un secondo – giovane padre di famiglia – a Bellinzona a dicembre 2022. Questi suicidi potrebbero però essere solo la punta dell’iceberg del disagio presente, come già spiegato dall’interrogazione di Daria Lepori dello scorso febbraio Non vogliamo assistere a nuovi scioperi della fame al Centro federale d’asilo di Chiasso o, peggio, a suicidi nei Centri per minori non accompagnati [1] Nei giorni seguenti la tragedia, imedia hanno anche restituito le preziose testimonianze degli amici e dei compagni di camera di Arash[2], che lo hanno trovato ormai agonizzante, commossi e turbati ma composti.

Le loro parole hanno messo ulteriormente in evidenza la drammaticità della situazione. Uno di questi giovani era stato lui stesso salvato da Arash, dopo un tentativo di un gesto estremo, solo tre mesi fa. Ma non si tratta di casi isolati, ci dice. «Proprio venerdì ( 14 luglio), a Castione un altro afgano ha tentato di uccidersi ma i suoi amici gliel’hanno impedito». Siamo quindi testimoni di tre suicidi ufficiali in un solo anno ma molti di più sono i tentativi di togliersi la vita, e il disagio è espresso in modo più che chiaro dalle parole dei giovani presenti alla cerimonia di commiato organizzata per Arash.

«Noi siamo essere umani come voi, abbiamo bisogno di avere una vita sociale, di lavorare. In più siamo scappati da una guerra, dal nostro Paese, ne abbiamo viste di tutti i colori, abbiamo tutti i nostri motivi per soffrire», dice una giovane afgana, che piangendo continua «Accoglienza significa essere gentili e prendersi cura delle persone, altrimenti cosa ci accogliete a fare? Perché ci dite che ci potete accogliere e poi non ci trattate come esseri umani. Anche noi vogliamo sentirci a casa».

Come giudicare una gioventù che collassa, sotto il peso di procedure che vogliono essere legali ma che non sembrano avere un vero volto umano, figlie dei fragili equilibri politici che cercano di fare i compiti che impone il vivere civile tra paesi democratici. Ma noi dobbiamo fare la nostra parte. Affinché la nostra reputazione non sia di un paese razzista, che la tradizione svizzera non merita, lavoriamo insieme a favore e nel rispetto dei diritti umani[3], come lo chiede l’iniziativa generica pendente di Maddalena Ermotti-Lepori e i firmatari di un ampio spettro politico, per garantire un’accoglienza in condizioni dignitose, e per permettere alle persone che sono accolte di integrarsi, lavorare, formarsi e vivere nel territorio a vantaggio di tutte e tutti.

Per favorire una vera e propria integrazione, citiamo un esempio di Ginevra: il primario di chirurgia dell’EOC (Ente Ospedaliero Cantonale) e sua moglie – il Prof.Dr.med.Pietro Majno-Hurst professore all’UNIGE e all’USI e la Prof.Dr.med. Samia Hurst-Majno (UNIGE) – hanno potuto accogliere nel 2016  tre giovani rifugiati eritrei in casa, permettendo loro di seguire una formazione professionale. Ci sono riusciti, forti delle tradizioni famigliari di rifugiati, parte della famiglia Majno essendo stata rifugiata in Svizzera nel ’43[4], ma soltanto dopo un intervento personale di Samia Hurst-Majno presso il Consigliere di Stato competente, Mauro Poggia (MCG, che potremmo dire essere il corrispettivo ginevrino della Lega dei Ticinesi). I tre fratelli sono ora ben integrati nella nostra società. Un esempio che potremmo seguire anche noi in Ticino, forse senza dover andare a scomodare un Consigliere di Stato.

Dunque il nostro dovere di cittadine e cittadini e parlamentari, impone di fare chiarezza sulla presa a carico di queste persone in difficoltà e di fare in modo che questi gesti estremi non succedano nuovamente. Malgrado tutti gli strumenti di cui il nostro Cantone si è dotato[5], facciamo davvero tutto quanto è possibile per affrontare la situazione in modo adeguato e fornire a queste persone una vera prospettiva? Ci sono forse delle falle nel sistema che andrebbero colmate? Trattandosi di una legge federale, quella dell’asilo, abbiamo la veste giuridica per intervenire a livello cantonale? Nell’organizzazione della loro giornata, i richiedenti asilo, hanno riferimenti umani e culturali, persone, associazioni o enti, cui  rivolgersi? Si promuovono sufficientemente gli scambi con la società civile locale? Associazioni o volontari potrebbero dare un contributo all’animazione, dentro o fuori i Centri, pronti a creare dei ponti. La procedura oggi in atto per la presa a carico dei giovani non accompagnati, e spesso in difficoltà anche psicologiche, è adeguata? Così come l’istruzione e la formazione proposte? E la valorizzazione dei percorsi formativi già ottenuti nel paese d’origine? Un’accoglienza dal volto più umano con anche il coinvolgimento attivo della società civile la stiamo sperimentando con i profughi ucraini e il permesso “S” in cui non esiste la separazione, fra noi e loro, che invece sperimentiamo con tutti gli altri richiedenti asilo. Siamo pronti a trarne i dovuti insegnamenti?

Inoltre, in riferimento alla possibilità di accedere ai Centri cantonali per gli asilanti, i tempi sono maturi per evadere l’iniziativa parlamentare di Matteo Quadranti e cofirmatari e chiedere di estendere le competenze della Commissione parlamentare di sorveglianza sulle condizioni di detenzione nelle strutture carcerarie ad “analoga residenza coatta a cui sono astrette le persone sottoposte direttamente o indirettamente alla legislazione federale sull’asilo[6]. Da anni ormai sono numerose le persone che – in virtù della legislazione federale sul diritto di asilo attuata anche tramite i Cantoni – vengono trattenute in carcerazione amministrativa come pure in altri locali sottoposti ad importanti restrizioni della libertà di movimento. “

Politica d’asilo: solo Politica federale?

Trattandosi di una legge federale, è per noi importante capire di quale margine di manovra cantonale disponiamo per affrontare e risolvere i problemi di cui discutiamo.  A questo proposito il Governo, in risposta all’interrogazione di Durisch e cofirmatari [7]del 23 luglio 2018 n. 111.18, proprio in merito ai Centri cantonali per l’asilo scrive:

“La Confederazione, tramite la Segreteria di Stato e della migrazione (SEM), demanda ai Cantoni il compito di alloggiare, integrare ed erogare le prestazioni assistenziali ai richiedenti l’asilo loro attribuiti. Al fine di rispondere adeguatamente a questi compiti, il Cantone ha facoltà di organizzarsi come ritiene più opportuno, tenendo conto dei rimborsi forfettari che la Confederazione gli riconosce (art. 88 cifra 1 della Legge federale sull’asilo).”

Lungi da voler banalizzare un sistema strutturato e complesso come quello dell’asilo, se il Governo cantonale “ha la facoltà di organzzarsi come meglio crede” offre buoni auspici per avere in Ticino l’autonomia necessaria per una eventuale rimessa in questione dell’organizzazione, o perlomeno una ricerca delle soluzioni ad una situazione ormai sfuggita di mano.

Il sistema dell’asilo in Ticino

Le pagine web del cantone offrono una dettagliata panoramica del processo e del percorso dell’asilo e relativa procedura spiegando i diversi statuti nell’ambito dell’asilo, i compiti e il ruolo del Cantone, la struttura e il processo di integrazione. Per quanto riguarda “le persone afferenti al settore dell’asilo attribuite al Ticino, che fino al raggiungimento dell’indipendenza economica e sociale beneficiano di prestazioni di sostegno sociale, sono inserite in un processo di integrazione costituito da due fasi, ognuna delle quali gestita da un partner esterno. La prima fase prevede l’alloggio in un Centro collettivo, mentre la seconda in un appartamento. https://www4.ti.ch/dss/dasf/temi/sostegno-sociale/inserimento-e-integrazione-socio-professionali/il-sistema-dellasilo-in-ticino

Nella prima fase, che citando il sito dovrebbe essere “della durata di circa 12 mesi, le persone attribuite al Cantone vengono alloggiate in un Centro collettivo, dove cominciano il loro percorso d’integrazione.” Questa prima fase, gestita da Croce Rossa Svizzera, Sezione del Sottoceneri (CRSS), sarebbe “orientata all’acquisizione degli strumenti necessari per permettere alle persone alloggiate nei Centri collettivi di muoversi sul territorio in maniera indipendente (corsi di lingua, di conoscenza del territorio, di igiene, apprendimento degli usi e costumi locali, ecc.).

Secondo nostre informazioni, però, questa prima fase non riesce quasi mai ad essere superata in 12 mesi. Inoltre, sembra che i corsi di lingua vengono fatti per poche ore al giorno, mescolando persone di diversi livelli di alfabetizzazione e scolastici. Inoltre non tutti possono accedervi. Per esempio, alle donne con bambini verrebbe detto che devono accudire i figli. Ai giovani fuori dall’età scolastica obbligatoria, non sarebbe permesso di frequentare la scuola e così apprendere in maniera più veloce l’italiano. Visto che la padronanza della lingua è un criterio fondamentale per accelerare l’uscita dai Centri, riteniamo queste informazioni estremamente rilevanti.

Sembrano invece tutti e tutte concordi nel ribadire che per un apprendimento più efficace della lingua locale sia opportuno organizzare maggiori incontri di socializzazione con il mondo reale, come ad esempio lavori da svolgere all’esterno delle strutture in ambiente non “protetto”.

“Alle persone che completano la prima fase di integrazione vengono successivamente assegnati degli alloggi individuali. Questo passaggio segna l’inizio della seconda fase e dell’accompagnamento di Soccorso Operaio Svizzero (SOS), che si articola su tre assi principali: la richiesta di prestazioni di sostegno sociale erogate dall’Ufficio dei richiedenti l’asilo e dei rifugiati (URAR), l’integrazione formativa e professionale e, infine, l’integrazione sociale. “

Il fatto che Arash, 4 anni dopo il suo arrivo in Ticino nel 2019, vivesse da un anno al Centro di Cadro, quindi ancora nella prima fase del percorso di integrazione, ci suggerisce che i percorsi dell’asilo, così come la vita, non sono lineari. Nasce spontanea la preoccupazione: se non sono lineari i percorsi e le storie di vita personali, neppure le soluzioni proposte devono esserlo. Il nostro attuale sistema permette la necessaria personalizzazione della presa a carico?

I mandati a terzi

Entrambe queste fasi di integrazione, sono oggetto di un mandato da parte del dipartimento del DSS (URAR) verso la Croce Rossa Svizzera che gestisce i Centri e i foyer, come indicato sulla sua pagina web[8], ben dal 1987 e con il Soccorso Operaio Svizzero.

In una recente intervista a LaRegione del 18 luglio, Valeria Canova, responsabile migrazione di SOS Ticino che ha il mandato per l’accompagnamento sociale e l’integrazione formativa e lavorativa dei richiedenti l’asilo una volta che questi lasciano i Centri Cantonali gestiti dalla Croce Rossa, lo fa capire senza mezzi termini: la presa a carico dei giovani piu fragili, non solo afgani, non è efficace come dovrebbe.

Per prendere a carico persone, soprattutto giovani con trascorsi traumatici e disturbi relativi, mancano strutture, mezzi e formazione. Il tema è noto a livello federale già dal 2021, grazie ai rapporti della Commissione nazionale per la prevenzione della tortura, alle nuove raccomandazioni emanate e agli atti parlamentari sul tema dei parititi a livello federale.

Considerato che “al fine di rispondere adeguatamente a questi compiti, il Cantone ha facoltà di organizzarsi come ritiene più opportuno” è ora importante conoscere il margine di manovra contenuto nei mandati in essere.

A difesa di chi non ha voce

La prima voce a lanciare l’allarme e a dare la triste notizia è stata Immacolata Iglio Rezzonico, avvocata specialista in migrazione. Altre voci di persone vicine all’Asilo hanno seguito, mezzo stampa o in modo informale, come ad esempio Lara Robbiani Tognina, specialista in migrazione e fondatrice dell’Associazione DaRe.  “Altamente preoccupato per il numero di ben tre suicidi in un anno” si è dimostrato anche l’avvocato Paolo Bernasconi, già membro per quasi trent’anni dell’organo direttivo del comitato internazionale della Croce Rossa di Ginevra.

Il drammatico episodio ha sollevato dubbi sulla presa a carico del ragazzo o quantomeno sulla sua efficacia che, stando a quanto riferito dall’avvocata Immacolata Iglio Rezzonico, specialista della migrazione, avrebbe manifestato un malessere sin dal suo arrivo nel Paese. “Purtroppo però, come accade sempre in questo sistema di cosiddetta accoglienza per i richiedenti l’asilo, l’unica soluzione è stata quella di acquietarlo con i farmaci”.

Sempre Iglio Rezzonico riferisce di “ricoveri a Mendrisio”, vale a dire alla Clinica psichiatrica cantonale, ma di “nessun percorso di reale presa a carico, di socializzazione, di relazione umana affettiva”, sostenendo che a Cadro il 20enne fosse solo e isolato. E concludendo che il tragico epilogo della sua breve vita sia stato un “suicidio annunciato” che merita una risposta.

In ogni caso, chiediamo al Governo una presa di posizione precisa e dettagliata, dal momento che tutti e tre i giovani suicidi erano affidati all’assistenza dei servizi del Cantone, sia direttamente sia tramite Croce Rossa oppure anche tramite servizi sociali e l’organizzazione socio psichiatrica.

Di conseguenza rivolgiamo le seguenti domande al Governo:

  • Tenuto conto che il Centro di Cadro è gestito dalla Croce Rossa Svizzera (CRS) su mandato del Cantone che ne è responsabile, e Arash era affidato alle nostre cure, non ritiene il Governo che sia il Cantone a dover assumere il costo del rimpatrio della salma di Arash in Afganistan?
  • Sembra che il suicidio di Arash sia il terzo in un anno tra i giovani richiedenti Asilo in Ticino. Dopo i due suicidi dello scorso anno, quali misure sono state adottate?
  • In seguito al ritrovamento di Arash ormai agonizzante, da parte dei suoi compagni di camera, è potuto intervenire un sostegno genere “care team?” In caso negativo, per quale ragione? Come sta affrontando CRS la presa a carico delle persone alloggiate a Cadro e degli amici di Arash alloggiati in altri Centri, per elaborare il trauma?
  • I Centri dispongono di un presidio medico e/o psichiatrico? C’è personale psichiatrico ( infermiere o infermiera psichiatrica) che accompagna quotidianamente le persone fragili?
    Quanti sono gli operatori, educatori, assistenti sociali, psicologi, ecc… attivi nei Centri?
  • Qual è il monte ore disponibile di queste figure nel corso di una settimana rispettivamente nel corso di una giornata?
  • Ogni quanto incontrano le persone, e in particolare quelle bisognose, all’interno dei Centri? Vice versa, una persona bisognosa di accompagnamento, con che frequenza può incontrare i professionisti di riferimento per la propria presa a carico e per quanto tempo?
  • Diverse testimonianze indicano che richiedenti asilo con fragilità psicologiche vengano aiutati solo con i farmaci. Corrisponde al vero? In caso contrario con quali altre modalità vengono prese a carico? Per esempio quante sono le persone seguite in questo momento?
  • Quali e quanti Centri e/o alloggi, a livello cantonale sono gestiti dalla CRS su mandato del Cantone?
  • In questi Centri per quanto tempo gli ospiti rimangono mediamente? Qual è la durata minima e qual è la durata massima? Chi decide quando una persona può entrare o uscire da un Centro?
  • Quante persone mediamente abitano in ciascuno di questi Centri?
  • Quante sono le persone che abitano in una stanza?
  • Mediamente, quanti metri quadrati sono disponibili per ogni persona ospite di questi Centri?
  • Quanti metri quadrati sono disponibili in ciascuno di questi Centri per luoghi comuni e stanze? Quanto e quale spazio fisico è consacrato alla vita comunitaria e interpersonale?
  • È possibile organizzare in città uno spazio in cui i giovani ospiti di questi Centri si possono incontrare? A Losone, ai tempi in cui c’era il Centro, il parroco Jean-Luc Farine aveva organizzato negli spazi della parrocchia un luogo d’incontro, accessibile a tutti, anche alla popolazione residente, dove ci si poteva liberamente trovare, anche solo per giocare a scacchi. Non si può pensare di fare intervenire maggiormente la società civile, gruppi e associazioni, per creare ponti con queste persone?
  • Esiste un contatto attivo tra i Centri e le comunità di appartenenza, già presenti in Ticino? Per esempio, i rifugiati afgani, hanno possibilità di contatto e incontro con la comunità afgana residente in Ticino? In caso affermativo, possono incontrarsi dentro o fuori dai Centri?
  • I Centri sono chiusi nel senso che sono accessibili unicamente ai richiedenti, ai collaboratori e ai partner che erogano dei servizi. Perché nessuno, neanche i parlamentari possono entrare in questi Centri?
  • La vita nei Centri è cadenzata da un regolamento e un programma che indica i momenti dedicati al cibo, alle attività, alle uscite. Possiamo avere i regolamenti / programmi delle strutture in Ticino? Quali sono gli orari dedicati ai pasti? Alla libera uscita? Quali attività si svolgono quotidianamente per le persone che si trovano all’interno dei Centri? Quante ore sono dedicate all’apprendimento della lingua (italiana o inglese)? Cosa si fa per prevenire eventuali conflitti all’interno dei Centri tra le diverse etnie e nazionalità?
  • Con che criteri sono organizzati i corsi di lingua italiana e inglese? Con che criterio si sceglie di insegnare l’inglese? È vero che le donne con figli sono dispensate o escluse dai corsi di lingua? Se è vero, perché?
  • Quanti soldi recepiscono le persone nei Centri per la socializzazione e l’aggregazione al di fuori del Centro?
  • L’abbonamento dei mezzi pubblici viene pagato dal Cantone o nei CHF 21.- settimanali le persone devono considerare anche il costo dei biglietti? CRS eroga servizi di trasporto soprattutto a Cadro, durante la settimana e il week end quando i mezzi non circolano?
  • Per l’accoglienza della popolazione ucraina in fuga dalla guerra si è adottato un sistema aperto, senza rinchiudere in un sistema semi detentivo le persone richiedenti asilo. Se il Ticino in questo ambito ha fatto o sta facendo, un’esperienza positiva, interverrebbe il Governo verso Berna per estendere questa esperienza anche ai rifugiati di altra provenienza?
  • Sappiamo che la fase uno e due dell’integrazione dei rifugiati è delegata dal Cantone, in particolare dal DSS, alla Croce Rossa Svizzera e al Soccorso Operaio Svizzero su base di mandato. Sono stati fatti dei concorsi? Si possono conoscere i termini e i contenuti dei due mandati? Che importi hanno? Che durata hanno? A quando la prossima scadenza? È possibile apportare dei correttivi anche a contratto in corso?
  • Qual è l’organo responsabile del controllo del buon funzionamento del mandato affidato? Come viene verificata l’efficacia delle prestazioni e il buon funzionamento del mandato? Se non esiste un organo di controllo, perché non è stato istituito? Quali sono i criteri per valutare se rinnovare o meno i mandati?
    Esiste un bilancio del processo integrativo avvenuto delle persone migranti? Per esempio quanti apprendistati sono andati a buon fine, quante persone hanno trovato un lavoro, quante persone parlano l’italiano, dopo 5 anni non parlano ancora l’italiano …?
  • È noto già dal 2021 che i minorenni non accompagnati avrebbero bisogno di una maggiore presa a carico. Non può il Cantone, per i Centri che gli competono, creare maggiori spazi per i minorenni non accompagnati che gli sono attribuiti?
  • Può il Cantone, effettuare una distinzione meno netta tra minorenni e giovani, in modo che durante la procedura di assegnazione al Cantone, diventando maggiorenni possano rimanere all’interno di spazi a loro dedicati e non perdano il diritto all’istruzione? Non è che una persona ritenuta vulnerabile come i minorenni non accomagnati, compiuti i 18 anni si trasforma d’incanto in una persona non vulnerabile.
  • Corrisponde al vero che i minorenni non accompagnati vengono affidati a curatori che devono seguire almeno 80 casi ciascuno, senza poterlo effettivamente fare? Se non è vero, quante persone devono gestire a testa i curatori?
  • Di fronte a minorenni non accompagnati, e a giovani adulti nella stessa situazione, non si può pensare di fare intervenire attivamente la società civile, ad esempio con volontari che possano fare da padrino o madrina a un ragazzo o una ragazza, e delle famiglie che possano fare da famiglie affidatarie, magari con un mandato diverso?

Note a piè di pagina

Non vogliamo assistere a nuovi scioperi della fame al Centro federale d’asilo di Chiasso o, peggio, a suicidi nei centri per minori non accompagnati

[1] https://www4.ti.ch/poteri/gc/ricerca-messaggi-e-atti/ricerca/risultati/dettaglio?user_gcparlamento_pi8%5Battid%5D=113717&cHash=297745e3f04e292e924c056f511fcf57&user_gcparlamento_pi8%5Bricerca%5D=Daria+lepori

[2] https://www.cdt.ch/news/non-e-il-primo-suicidio-e-non-sara-lultimo-322729

Per migliorare il rispetto dei diritti umani, esaminando e monitorando l’applicazione delle convenzioni in materia, dando una competenza esplicita di vigilanza superiore al Gran Consiglio ticinese che ne riferisca mediante rapporti annuali (il quale potrà avvalersi dell’Amministrazione Cantonale), e/o introducendo un ombudsman/ombudswoman (difensore civico)

[3] https://www4.ti.ch/poteri/gc/ricerca-messaggi-e-atti/ricerca/risultati/dettaglio?user_gcparlamento_pi8%5Battid%5D=113461&cHash=ee86a147329087599fe0dece0ba6a9cc&user_gcparlamento_pi8%5Bricerca%5D=ERMOTTI&user_gcparlamento_pi8%5Btat102%5D=102

[4] La biografia presente su https://www.majno.ch/biografia offre spunti sulla storia di famiglia Majno e propone un link all’ Archivio Storico Ticinese 162, Rivista di Cultura dicembre 2017, Renata Broggini, “Lettere di Guido e Carlo Majno a Guglielmo Canevascini, 1944-1945.”

[5]Richiedenti d’asilo minori e giovani non accompagnati: situazione e prospettive in Ticino

 https://www4.ti.ch/user_librerie/php/GC/allegato.php?allid=136446

[6]Rapporto del Consiglio di Stato sull’iniziativa parlamentare 16 settembre 2019 presentata nella forma elaborata da Matteo Quadranti e cofirmatari per la modifica dell’art. 27 della Legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato (LGC) – Estendere le competenze della Commissione di sorveglianza sulle condizioni di detenzione

 https://www4.ti.ch/user_librerie/php/GC/allegato.php?allid=137129

[7] https://www4.ti.ch/poteri/gc/ricerca-messaggi-e-atti/ricerca/risultati/dettaglio?user_gcparlamento_pi8%5Battid%5D=97773&cHash=55603c0f10bd277d66246ec1a3e71e9e&user_gcparlamento_pi8[ricerca]=111.18

[8] https://www.crocerossaticino.ch/attivita-e-servizi/divisione-della-migrazione

 

Rassegna stampa

Qui un articolo apparso su LaRegione, 24 luglio,Foto Keystone