Con un’interrogazione firmata dal gruppo dei verdi insieme a parlamentari ticinesi di diversi partiti capitanati di Anna Biscossa, chiediamo al Consiglio di Stato la chiusura del bunker di Camorino, l’unico in tutta la Confederazione dove i profughi destinati all’espulsione vivono in condizioni disumane.

La redazione di Naufraghi/e ha dato loro voce con un reportage “Voci dal sottosuolo” a cura di Aldo Sofia e Mario Conforti. Ha dato voce agli ultimi sepolti vivi in Svizzera.

Guarda il reportage “Voci dal sottosuolo”

Leggi l’interrogazione:“La situazione attuale nell’uso del “Bunker” di Camorino ha bisogno di risposte”

Presentata da Anna Biscossa, per il Gruppo dei Verdi Claudia Crivelli Barella, Samantha Bourgoin, Cristina Gardenghi, Marco Noi, Nicola Schönenberger, Andrea Stephani; per il Gruppo socialista Ivo Durisch, Simona Buri, Nicola Corti, Danilo Forini, Fabrizio Garbani Nerini, Raoul Ghisletta, Gina Lamantia, Carlo Lepori, Daria Lepori, Laura Riget, Daniela Pugno Ghirlanda, Fabrizio Sirica; per il PCMassimiliano Ay, Lea Ferrari; per Più Donne Tamara Merlo, Mossi Nembrini Maura; degli altri gruppi  Matteo Quadranti, Diana Tenconi, Maddalena Ermotti Lepori, Giorgio Fonio.

Sulle condizioni della struttura

La struttura è sottoterra e benché fosse o sia della Protezione civile, ci risulta che quest’ultima non si ritenga più responsabile della sua manutenzione.

1-Nel merito si chiede chi sia oggi responsabile e quindi chi si faccia carico delle necessarie verifiche sul funzionamento della struttura e dei suoi impianti (areazione/riscaldamento, manutenzione, funzionamento sanitari, potabilità dell’acqua, igiene) ?

La domanda nasce dal fatto che ci risulta che da anni

  • l’areazione non funzioni come previsto (provocando in estate temperature molto elevate fino a 40 gradi e d’inverno temperature basse),

  • i bagni siano pieni di muffa,

Doccia Bunker di Camorino

  • l’acqua che esce dai sanitari sia giallognola e quindi non bevibile/apparentemente non potabile.

2-Sulla base di quali considerazioni proposte dal vostro Dipartimento si può ritenere questa struttura ancora adatta ad accogliere persone, nello stato in cui si trova, anche per lunghi periodi?

Non si può ignorare infatti che una struttura sotterranea, anche se in perfette condizioni, è ritenuta idonea ad un pernottamento al massimo di 21 giorni in base al rapporto della Commissione contro la tortura (visto che non ci sono finestre, non c’è luce naturale, oltre, in questo caso, a non esserci il necessario ricambio di aria o un minimo di privacy).

A questo si aggiunge il fatto che della struttura fa parte anche la casetta compresa nell’area esterna chiusa da cancelli e immediatamente confinante con la polizia.  

L’accesso è concesso solo al piano terra dove si trova una piccola cucina con divani, unico spazio di ritrovo a disposizione degli ospiti.

La cucina risulta essere fatiscente (ad esempio il forno non funziona da diversi mesi), vi sono finestre e una porta rotte che, nonostante sia stato segnalato, non vengono riparate, ragione per cui anche questo luogo risulta essere molto freddo in questi mesi.

Pur essendo coscienti che il Cantone garantisce il lavaggio dei vestiti e la pulizia di base nel bunker e nella casetta tramite un servizio di pulizia esterno, il problema appare strutturale visto che gli spazi fanno ritenere di essere, per diversi aspetti, malsani in assenza di finestre, con presenza di muffa, con un funzionamento del ricircolo dell’aria dubbio e con probabili problemi alle canalizzazioni dell’acqua.

3-Alla luce di quanto precede vi è una certificazione di abitabilità, per questi spazi, rilasciata dagli Uffici preposti e, se così fosse, tale certificazione indica, per l’uso della struttura, limiti temporali di soggiorno o propone interventi particolari? 

Sulle condizioni delle persone

Le persone accolte nel Bunker sono persone relativamente giovani (dai 25 anni in su).

Benché sia un luogo di espulsione, di fatto molte persone lì rinchiuse non possono essere rinviate nemmeno con la forza nel proprio paese (perché i loro paesi non hanno accordi con la Svizzera per il rimpatrio) e quindi rimangono bloccate in questa struttura per anni, anche considerando il fatto che, se volessero andare in un altro paese, per il Regolamento Dublino verrebbero comunque rinviate in Svizzera quale paese competente.

Sono persone in grave difficoltà personale e psicologica, come mostra e dimostra l’allegato in cui vengono riportati i pareri nel merito da parte di un gruppo di medici della svizzera francese nel 2021 (vedi allegato 1).

Attualmente ci risultano essere presenti nel Bunker persone che vivono lì da anni (da 1 fino a 6 anni) perché, seppur espulsi, non possono essere rimpatriati nei loro Paesi di origine.

A questi si aggiungono coloro che potendo essere rimpatriati forzatamente, vi soggiornano il tempo necessario per permettere alla polizia incaricata dei rimpatri, che sono gestiti dai Cantoni e nel nostro Ticino dal DI, di organizzare il volo di rimpatrio forzato.

Tutte sono persone che non hanno un permesso, perché non è stata accolta la loro domanda d’asilo.

Pertanto sono persone che:

– non possono lavorare, anche se diversi di loro hanno ricevuto offerte di lavoro;

– percepiscono 10 CHF al giorno come aiuto d’urgenza, che deve servire per tutto ad eccezione di “alloggio” e Cassa malati. Nel merito va detto che ci risulta che tale somma possa esser loro detratta a discrezione della Securitas, se non dormono lì o per altri motivi come, ad esempio, ritardi all’entrata;

– sono soggetti a “divieti di abbandonare/accedere ad un territorio” che vuol dire che non possono allontanarsi da una determinata area che spesso è il quartiere di Camorino;

– non hanno accesso, anche coloro che soggiornano per anni nella struttura, a corsi linguistici di media – lunga durata, né accesso a percorsi formativi di vario tipo, compreso l’apprendistato;

– l’accesso alle cure è solo d’urgenza quando vi sono, all’interno della struttura, persone con evidenti problemi psicologici anche gravi dovuti sia al loro passato migratorio, sia allo stato di “sospensione” in cui vivono a volte per periodi molto lunghi (anni interi), senza avere la possibilità di muoversi, di lavorare, di formarsi, ecc.

Purtroppo il fatto di poter accedere solo a risposte sanitarie d’urgenza ci risulta tradursi, di fronte a questi profondi disagi, in risposte solo farmacologiche, con un ampio uso di prodotti psicoattivi o sedativi, visto che non vi è il diritto di accedere ad un percorso terapeutico medico

Nel merito:.

4-Perché il cantone Ticino, nonostante la Commissione contro la tortura abbia indicato alla Svizzera di chiudere i bunker perché non ritenuti idonei all’alloggiamento di persone migranti con trascorsi traumatici, non ha dato seguito a questa richiesta? Pur essendo coscienti del fatto che risultano mancare spazi di accoglienza collettivi idonei, che tale richiesta è stata sottoposta ai Comuni senza ricevere alcuna disponibilità nel merito, ci risulta che precedentemente queste persone fossero comunque alloggiate in altre strutture di accoglienza o in appartamenti.   Alla luce di quanto precede, chiediamo perché, in assenza come già ricordato di spazi collettivi alternativi al bunker, non si siano lasciati e non si lascino semplicemente queste persone che tra l’altro hanno alle spalle trascorsi traumatici, dove erano alloggiate precedentemente? 

5-Chiediamo inoltre da chi siano registrati, gestiti e contabilizzati i soldi detratti alle persone accolte nella struttura per le misure crediamo di poter dire prevalentemente punitive sopra ricordate, nonché chi sia responsabile di tali decisioni di intervento?

 

6-Chi controlla indicazioni, dosaggi, risposte terapeutiche ed eventuali effetti collaterali delle medicine somministrate visto che ci risulta che vi sia solo un’infermiera della CR a recarsi nella struttura una volta alla settimana, ma solo se non vi sono altre priorità in altri centri? Non si ritiene che per alcuni casi, soprattutto per coloro che hanno una lunga permanenza nella struttura o per coloro che hanno problemi psicologici gravi, possa essere necessario un intervento esteso anche a un accompagnamento terapeutico medico? Non si ritiene inoltre che una presa a carico mirata o complessiva potrebbe evitare situazioni di stress e/o di conflitto all’interno della struttura, situazioni non sempre facili e spesso molto onerose, da diversi punti di vista, da gestire? (vedi allegato 1)

 

7-Ci risulta che molti enti pubblici e para pubblici facciano capo ai richiedenti l’asilo del Centro federale di Chiasso per lavori di pubblica utilità (pulizia sentieri, strutture e spazi pubblici, riali, ecc.) con buona soddisfazione degli enti coinvolti e con buon apprezzamento da parte dei richiedenti l’asilo per il fatto di avere l’occasione di svolgere un’attività fuori dal centro e in contatto con il territorio. Una simile misura non sarebbe applicabile anche alle persone residenti nel bunker?

 

8-Quali sono i costi effettivi e complessivi sostenuti dal Cantone per la gestione di questa struttura?

 

9-Questa struttura ci risulta continuerà ad essere utilizzata anche in futuro, limitandone l’uso ai momenti di eccezionale affluenza nel settore della migrazione e comunque solo per brevi periodi. E’ confermato questo uso della struttura per il futuro?  

Qual è la previsione temporale per il passaggio di questa struttura dall’uso che oggi se ne fa a questo ruolo di “valvola di sfogo” solo per momenti di emergenza?

Più specificatamente a pagina 5 del Rapporto della Commissione gestione e finanze sul messaggio 1° ottobre 2020 concernente la concessione di un credito di CHF 11’000’000.00 per la realizzazione di un Centro cantonale polivalente a Camorino, approvato dal Gran Consiglio,  si legge:

L’impianto di PCi verrà ancora utilizzato?

Sono previsti interventi nell’ordine di ca. 200’000.- franchi per convertire il Rifugio Privato in spogliatoi e servizi per il personale così come un magazzino per stoccare i beni delle persone che partiranno dal centro senza preavviso (suggestione arrivata dalla SEM).

  • L’impianto verrà riorganizzato in settori con 8 posti letto e uno spazio comune per un totale di 48 posti disponibili. Saranno parte integrante del dispositivo e verrebbero utilizzati per un periodo limitato per alloggiare esclusivamente persone considerate non vulnerabili (maschi adulti in buona salute senza famiglia a carico).
  • Avere nel dispositivo di Camorino una struttura protetta permetterà di gestire all’interno del centro un’accolta a fronte di repentini aumenti di RA dovuti a flussi migratori senza dover ricorrere a Rifugi Pubblici nel territorio, per la quale l’attivazione verrebbe richiesta solo in una fase successiva.
  • E ancora: “Il futuro centro non contempla l’alloggio degli attuali ospiti di Camorino (statuti differenti)”.

Alla luce di quanto precede si chiede:

La struttura sarà quindi utilizzata ma per altri Rifugiati con statuto diverso?

Per i Rifugiati che oggi vi risiedono sarà trovata altra destinazione? 

10-Alla luce di tutto quanto precede chiediamo di poter visitare la struttura in questione per avere un quadro della situazione attuale del Centro stesso.