Caro Frontaliere,

risiedi in uno Stato e lavori in un Altro, al mattino esci di casa, svolgi la tua attività in Ticino e a fine giornata ritorni al tuo domicilio, di norma ogni giorno, spesso per l’intera vita professionale.

Non sei solo, al terzo trimestre del 2022 altri 77’731 transitavano dai numerosi valichi I-CH.

Il Cantone ha bisogno della tua forza lavoro, gode delle tue competenze e approfitta del tuo timore di essere un ingranaggio di ricambio in un’officina quasi infinita di risorse lavorative appena fuori confine. Per essere subito produttivo e fatturabile, puoi formarti nelle scuole professionali e accademiche ticinesi dove acquisisci dimestichezza con le normative svizzere, oggettivamente più snelle delle arzigogolate disposizioni italiane ed europee.

Ovviamente, la tua presenza richiede un potenziamento massiccio delle infrastrutture, soprattutto stradali e ferroviarie, progettate con saggezza nei tempi passati ma con una visione offuscata sull’effettiva crescita dell’utenza, di cui tu fai la parte del leone.

Tutti hanno bisogno di te ma in pochi sono disposti a sacrificare il bel territorio ticinese e nessun genitore vuole un figlio senza lavoro solo perché tu costi meno e forse sei anche più bravo.

Per ironia, spesso sei tu ad occuparti della realizzazione delle opere viarie ormai quasi al collasso.

Eppure, il tuo vero potenziale non si manifesta perché lo sguardo del frontaliere non ti permette di conoscere la quotidianità ticinese: al ristorante non ci vai, nei negozi difficilmente fai la spesa, non fai parte di un’associazione sportiva o culturale se non oltre frontiera, non frequenti un cinema o un teatro, magari nemmeno curiosi in una chiesa e neppure ti fermi a scambiare due chiacchiere dopo il lavoro a meno che tu non debba evitare la coda.

Così, il tessuto sociale e ambientale ticinese soffre perché un rapporto lavorativo come il tuo è sterile, la popolazione invecchia, i giovani residenti cercano un futuro altrove, il territorio fa rima con dormitorio e la vivacità dell’essere cittadino si spegne inesorabilmente.

Il circolo è vizioso e l’astio del populismo attecchisce facilmente.

A me piacerebbe che tu alzassi lo sguardo timoroso del suddito, senza avere quello arrogante di alcuni che raggiungono una posizione di potere nel pubblico o nel privato, e cominciassi a valutare una lunga permanenza in Ticino, possibilmente con i tuoi figli, affinché crescano con i nostri e insieme si possa vivere in una società intergenerazionale.

Forse allora ci accorgeremmo che nel nostro Cantone è più interessante valorizzare quanto già realizzato piuttosto che costruire occupando spazi che è meglio lasciare alle prossime generazioni.

Con rispetto e gratitudine.

Michela Bazzi Pedrazzini,
candidata indipendente al Gran Consiglio per i Verdi