La revisione della legge sul CO2 in votazione il 13 giugno, che ambisce a dimezzare le emissioni entro il 2030, non affronta la crisi climatica abbastanza in fretta. Eppure è una legge necessaria: ci permette di adempiere agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, e pone le basi per misure più efficaci.

Le critiche alla legge, da una parte di quegli attori che lottano contro la crisi climatica, sono fondamentali: per mitigare la crisi è necessario trasformare il sistema che ha portato alla crisi. È un sistema che sfrutta le risorse, ignorando i limiti planetari, la solidarietà e i privilegi. Pertanto, la responsabilità principale dell’impellente transizione ecologica sta a chi ha più privilegi e ha accumulato più capitale.

C’è chi afferma che la legge graverebbe smisuratamente sui redditi medio-bassi. Eppure questa affronta le disuguaglianze sociali nazionali, e la maggioranza della popolazione ne beneficia. Il fondo clima che confluirà nella transizione ecologica, sarà finanziato principalmente dalle persone abbienti, perché usano macchine e abitano in spazi più ampi, e volano di più. Inoltre, gran parte dei contributi CO2 saranno ridistribuiti alla popolazione tramite la cassa malati. Non da ultimo, a beneficiare di più di un clima sano sono le persone più vulnerabili (con meno risorse finanziarie e privilegi) perché, purtroppo, sono le più colpite dalla crisi climatica. Questo vale sia per le persone che per le popolazioni più vulnerabili.

Pertanto, la responsabilità principale dell’impellente transizione ecologica sta agli attori che hanno più privilegi e che stanno inquinando maggiormente e per tutti questi anni “a gratis”. Questo non solo all’interno degli Stati, ma anche tra di loro. Ne segue che la Svizzera deve assumere la sua parte di responsabilità, e agire ora con misure concrete: la legge sul CO2.

La legge è frutto di un compromesso ed è imperfetta (la finanza, che inquina 20 volte tanto quanto la Svizzera, è considerata, ma solo in maniera non vincolante!). Eppure con la legge, la Svizzera si assume parte delle proprie responsabilità nell’affrontare la crisi globale. Le critiche sono una pressione necessaria per non “riposare sugli allori”. Però rifiutando la legge rischiamo di cedere alla crisi: dal 2022 non avremo una legge revisionata e quindi neanche delle misure vincolanti contro la crisi climatica.

A celebrare sarebbe solo una piccola minoranza che gode dello status quo: le compagnie petrolifere che finanziano principalmente la contro-campagna, per mantenere i profitti di 8 miliardi annui dalle importazioni di petrolio, soldi da spendere piuttosto in Svizzera a sostegno dell’economia locale. È ora di votare per questa legge necessaria per la transizione ecologica, per il bene delle persone, e continuare a lottare per un clima sano.

Deborah Meili, Agronoma e consigliera comunale a Lugano

Fonte: tio.ch