Onorevole Signora Presidente, onorevoli Consiglieri di Stato, colleghe e colleghi,

le due Mozioni che ci accingiamo a votare hanno il pregio di portare all’attenzione di questo Gran Consiglio una problematica che il Consiglio di Stato e la stessa maggioranza di questo Parlamento non riescono neppure ad individuare come tale: i sans papiers; uomini e donne “invisibili”, non perché dotati di superpoteri alla Susan Richards, ma semplicemente poiché non rientrano in alcun censimento e in nessuna statistica; o forse perché troppo spesso, al solo sentirne parlare, ci fa comodo voltare lo sguardo da un’altra parte.

E forse non c’è neppure da stupirsi: i sans papiers sono i paria del tessuto economico; in Svizzera vengono impiegati soprattutto nei settori della ristorazione e dell’edilizia e in qualità di collaboratrici domestiche. Ossia, tutti quei settori in cui i salari, alle nostre latitudini, sono da anni sotto pressione e a forte rischio di dumping.

Ergo, gli ultimi degli ultimi. Senza documenti, senza coperture sociali, senza diritti, neppure quello di vedere riconosciuta la propria esistenza.

Quanti siano esattamente questi “irregolari” non lo si sa con certezza. In questo frangente, almeno in Ticino, le statistiche – meglio, le stime – non forniscono dati aggiornati e precisi. E non potrebbe essere altrimenti visto che i sans papiers sono – per definizione – dei fantasmi amministrativi.

Anche in quest’aula ci piace pensare che siano pochi, che il lavoro nero non esista o che tuttalpiù non ci concerne, così come ci piace sperare che la pandemia, la guerra e la crisi economica e quella energetica non abbiano ulteriormente intaccato il tessuto economico già logoro di un Cantone alla periferia dell’Impero.

Ciò nonostante, indipendentemente dal loro numero attuale, i sans papiers sono uomini, e soprattutto sono donne, come ci ricorda l’ottimo Rapporto di minoranza della collega Lepori. E non servirebbero neppure le statistiche per provarlo, basterebbero il buonsenso e una minima dose di onestà intellettuale.

Come gruppo sosteniamo e vi invitiamo a sostenere proprio il Rapporto di minoranza, che avanza due richieste davvero minime: un adattamento della prassi per fissare con la SEM i criteri per la richiesta di ottenimento del permesso di dimora B (con un accento particolare sull’integrazione) e predisporre, collaborando con organizzazioni private, le misure accompagnatorie per la regolarizzazione di chi soddisfa questi requisiti.

Insomma, davvero un piccolo, minuscolo gesto per riconoscere l’esistenza di un problema che sebbene non possa certo essere definito una piaga della nostra società, merita almeno una risposta diversa da quel “tout va bien, Madame la Marquise” che riecheggia dalle otto righe delle considerazioni della maggioranza commissionale.

Nella sostanza, significherebbe solo riconoscere perlomeno l’esistenza di un più o meno folto numero di uomini e di donne che alla propria attuale invisibilità rinuncerebbe volentieri.                          

Andrea Stephani