Solitamente nei miei scritti insisto sulla necessità di rallentare, di riscoprire la dimenticata “misura d’uomo”, di tentare di capire che la tecnologia dovrebbe rimanere al nostro servizio e non noi al suo. Se ne potrebbe desumere che io mi opponga all’innovazione, e che, per ignoranza o paura, io sia aggrappato alla certezza di quanto abbiamo a disposizione adesso e rifiuti uno sguardo troppo in là. Ebbene no: ammiro le innovazioni e le celebro in diversi modi, però sempre con un occhio attento a che il fine ultimo sia davvero il benessere dell’essere umano, in corpo, mente e anima (perché questo è il vero “progresso”).

Abbiamo molte eccellenze, in Ticino e in Svizzera, però la maggior parte della popolazione è indifferente ad esse, perché assorbita dalla vita frenetica che tutti conosciamo. Altre prove di questa immensa popolazione di automi, intenta a produrre dati, china sui suoi dispositivi elettronici, sono la difficoltà a reperire volontari per qualsivoglia associazione e persone disposte a mettersi a disposizione della cosa pubblica.

È urgente trovare una via per il nostro paese che riporti un rinnovato senso di appartenenza a qualcosa di più grande, qualcosa che accomuni profondamente tutti i cittadini svizzeri e li spinga ad agire tutti nella stessa direzione, uniti verso un obiettivo comune. Gli scarsissimi risultati ottenuti dalla campagna per il risparmio energetico del Consiglio Federale potrebbero già farci desistere dall’idea di ottenere un popolo svizzero unito. Un popolo che non è più nemmeno unito perché credente, in diversi modi, in un solo Dio, è spaccato a metà sulla tematica Covid, non è più nemmeno unito nel sentimento di solidarietà verso i deboli ed, infine, non può più dirsi unito nella neutralità. C’è però un problema di fondo negli approcci che tentano di unire il popolo: oggigiorno le masse si smuovono toccandole sul portafoglio, paventando loro una maggiore sicurezza o con followers e likes.

Ecco quindi l’unica Svizzera che mi immagino possa sopravvivere al prossimo secolo, per evitare che, nell’indifferenza dei cittadini stessi, veniamo spartiti tra i paesi che ci circondano ai quali faranno gola il verde, l’acqua e i bacini idroelettrici:

La Svizzera potrebbe diventare un grande laboratorio a livello mondiale dove si applicano i vari sistemi di gestione e stoccaggio dell’energia, già noti, su grande scala; una SmartGrid unica, e vendere KnowHow e tecnica in tutto il mondo. E qui il coinvolgimento di ogni singolo cittadino, che potrà sentirsi parte di questa grande rete di condivisione dell’energia, e potrà dimostrare in modo quantificabile (quindi degno di likes) il proprio apporto al risparmio energetico e all’ottimizzazione del consumo energetico. Parte importante sarebbe anche l’educazione delle nuove generazioni alla parsimonia e alla consapevolezza del grande sistema energetico che ci permette di avere luce azionando un interruttore. Occorre però darsi da fare subito! Tutte le nuove centrali elettriche in costruzione attualmente in Europa (indipendentemente dal vettore) avranno dei picchi di produzione che non coincideranno con i picchi di consumo. Occorre uno stoccaggio, e se ci impegnassimo a fondo potremmo sobbarcarcene una parte, con dighe, impianti di stoccaggio a gravità, produzione di idrogeno. Quest’ultimo potrebbe diventare il primo vettore energetico per la mobilità privata, fungendo, anche qui, da primi al mondo a convertirci. A me sembra una visione che possa unire tutti i fronti politici, che sfrutti tecnologie tutte già presenti su suolo elvetico e che ci dia la possibilità di rimanere, almeno in qualcosa, un esempio da seguire a livello mondiale.

 

Eugenio Bossi,
candidato al Gran Consiglio indipendente con I Verdi