Avevo sostenuto nel 2014 l’iniziativa del 9 febbraio, con motivazioni ecologiste di salvaguardia del territorio e di lavoro locale: principi sacrosanti, che non rinnego. Ciò che è successo dopo il 9 febbraio mi ha però fatto capire come da principi di per sé validi possano nascere pessime derive, attaccamenti ad un romantico passato più fantasticato che reale, moti xenofobi e, in sintesi, una chiusura mentale che non apre le porte al futuro. Quello che andiamo a votare il 27 settembre in merito agli accordi bilaterali è una scelta di principio più che dei passi concreti: una scelta di chiusura o di apertura. Dialogare con le persone che abbiamo intorno, intrattenere degli scambi, aprirsi all’altro è un compito eminentemente umano, mancando il quale torniamo indietro e perdiamo la speranza verso il futuro. Aprirci, accogliere, essere curiosi, uscire dalla comfort zone delle nostre certezze è un cammino umano che vale la pena intraprendere. So che chiudersi nel “piccolo e sicuro” del nostro Paese è un’idea che contiene in sé un fascino profondo: sono molto patriottica, e amo tutte le nostre tradizioni. Ma mi sono convinta negli anni, con l’esperienza di vita, che la chiusura non è mai una risposta evolutivamente interessante. Qualsiasi sarà la decisione che prenderà la nostra amata Svizzera, per il sì o per il no della rescissione degli accordi bilaterali e della libera circolazione delle persone, avrà delle conseguenze, e segnerà una direzione alla storia economica e sociale della Svizzera e del Ticino. Non mi fido minimamente dei politici che sostengono il sì, e reputo che il loro agire, aldilà delle belle parole di rispetto per le istituzioni, abbia nel concreto grandemente danneggiato il nostro Paese attraverso interessi personali e incitamenti all’odio, alla paura e al razzismo. Non per questa sfiducia voterò no, bensì per una volontà di apertura e di futuro.

 

Claudia Crivelli Barella, deputata per i Verdi

Settembre 2020