Sono pericolose lettere come quelle di Tito Tettamanti pubblicata in prima pagina sul Corriere del Ticino il 14 maggio: pericolose perché ammantano di scientificità un atteggiamento altamente ideologico e distorto. Lo fanno con citazioni di libri divulgativi che mostrano parte della questione: vero che piccoli organismi come i mosquito siano numericamente più pericolosi dei coccodrilli, realtà che del resto stiamo vivendo con gli effetti devastanti di un organismo piccolo come un virus. Da qui, l’imprenditore arriva alla conclusione che la natura sia matrigna e non madre, e che di essa occorra approfittare il più a lungo possibile in una corsa sfrenata dell’essere umano verso il “progresso” e la ricerca di privilegi fintanto che presumibilmente non ci distruggerà come specie umana. Una visione predatrice e catastrofista mascherata da buon senso e intelligenza speculativa. Questo atteggiamento è non solo miope, indotto da una visione storicamente parziale del ruolo dell’essere umano sulla terra, ma irresponsabile, perché ignora volutamente ciò che l’intera comunità scientifica (salvo pochissime eccezioni) asserisce, ovvero che in questi ultimi decenni il ruolo dell’essere umano sull’innalzamento delle temperature terrestri è innegabilmente determinante. Pensare che il nostro modo di vivere, di spostarci e di predare il territorio sia l’unico e il solo possibile, è alquanto arrogante e irresponsabile. Tacciare di estremismo movimenti come quelli dei giovani per il clima o di Extinction rebellion è frutto di una visione molto legata ad una generazione che non ha saputo cogliere segnali già in atto, e che non pagherà le conseguenze del proprio modo di depredare l’ambiente, se non attraverso i propri discendenti. Quest’anno l’11 maggio cadeva l’Overshoot day, ovvero la data in cui la Svizzera ha idealmente terminato le risorse disponibili sulla terra per tutto l’anno 2021. Occorrerebbero quattro pianeti per vivere con il tenore che noi svizzeri siamo soliti considerare “normale”. Il movimento ecologista ha in certe occasioni, in passato, peccato di pessimismo, ma di sicuro mai di rassegnazione: la decrescita felice è un concetto complesso, positivo, che per chi ha la curiosità di avvicinarlo apre mondi, dischiude possibilità, non certo condanna alla rassegnazione. Ciò che serve adesso è non perdere la speranza, non cadere nella rassegnazione e nel catastrofismo di una crescita illimitata e selvaggia, un “liberi tutti” che ci condannerebbe all’estinzione. A ricordarci questo, e a darci coraggio, ci sono i giovani per il clima, che il 21 maggio ci offriranno spunti di riflessione meno scriteriati di quelli della lettera citata.

Claudia Crivelli Barella, granconsigliera per i Verdi