Ormai ci siamo. È solo questione di giorni. Le elezioni cantonali? No, o meglio, non solo. Nelle prossime settimane, a pochi chilometri da casa nostra aprirà i battenti l’Esposizione universale che avrà come slogan “Nutrire il pianeta”.

A questo proposito, qualche giorno fa, il professor Franco Berrino ha definito l’Expo di Milano come “una grande fiera di cibi che non fanno bene alla salute”. Il medico italiano ha poi lamentato l’assenza, nelle riunioni preparatorie svoltesi nei mesi appena trascorsi, di una tavola rotonda consacrata ai cibi bio, che rappresentano “uno dei pochi settori dell’economia agraria ad essere in crescita” (l’intervista completa: http://www.greenme.it/mangiare/alimentazione-a-salute/16180-berrino-expo).

Facendo astrazione dai ritardi e dagli scandali che hanno segnato la marcia d’avvicinamento all’inaugurazione dell’Expo, l’unica vera domanda che dovremmo porci è proprio questa. Non si tratta dell’amletico dubbio – tutto ticinese, in questo caso – dell’esser(ci) o non esser(ci), bensì di capire come abbiamo intenzione di nutrire un pianeta di oltre sette miliardi di persone negli anni che verranno.

Secondo alcuni, si dovrebbe implementare la ricerca sulle colture di organismi geneticamente modificati (al fine di essere più resistenti e performanti di quelli presenti in natura) e di conseguenza produrre di più per sfamare anche coloro che soffrono la fame. A costoro ha già risposto il professor Berrino nell’intervista di cui sopra, evocando il “paradosso dell’abbondanza” citato da papa Francesco, “ovvero quel paradosso per cui si produce già una quantità enorme di cibo che potrebbe nutrire dieci miliardi di persone; eppure ci sono persone che ancora non hanno cibo”.

Altri – e fra questi i Verdi – ritengono invece prioritario intervenire limitando gli sprechi alimentari, valorizzando le coltivazioni biologiche e favorendo la biodiversità dei prodotti stagionali. Per questo motivo, quasi un anno fa, i Verdi hanno lanciato l’iniziativa Cibo giusto per “derrate alimentari sane, prodotte nel rispetto dell’ambiente e in modo equo”. Il testo, che può essere sottoscritto sino al 27 novembre di quest’anno, chiede anche per gli alimenti importati il rispetto delle norme svizzere in materia di produzione, una maggiore trasparenza per quanto riguarda la filiera produttiva e, infine, una maggiore sostenibilità ambientale fondata su piccole e medie aziende agricole e sulla stagionalità e sulla provenienza regionale certificata degli alimenti. 

Tutto ciò per dimostrare che anche noi, nel nostro piccolo e nel limite delle nostre possibilità, possiamo dire la nostra e indicare una via percorribile anche di fronte ai grandi problemi di risonanza globale.

Senza dare un peso eccessivo agli scandali e al fatto che gli sponsor principali della manifestazione saranno una famosa (o famigerata) catena di fast food e la bevanda zuccherata più venduta al mondo, a Milano sarà opportuno esserci, anche solamente con una presenza diminuita all’interno del padiglione elvetico. Si potrebbe così approfittare di un palcoscenico planetario per esternare il nostro dissenso verso una certa impostazione che l’esposizione – tradendo i propositi di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food – sta assumendo. E magari per ricordare che cibi sani e prodotti in modo solidale sono il miglior antidoto contro “il paradosso dell’abbondanza” la cui causa principale è “l’iniquità che dipende dal nostro sistema economico”.

Anche noi, nel nostro piccolo e nel limite delle nostre possibilità, nei prossimi giorni potremo sostenere un approccio diverso a questo ed altri problemi, firmando l’iniziativa Cibo giusto e votando per i Verdi del Ticino.

 

Andrea Stephani
candidato al Gran Consiglio, Lista 5 I Verdi del Ticino, N. 82