Intervento sul DFE pronunciato da Samantha Bourgoin a nome del collega Marco Noi, oggi assente, al quale sono integrate anche alcune altre riflessioni.

Stimato vicepresidente,  consigliere di Stato, colleghe e colleghi,

I Verdi e le Verdi del Ticino con le proprie azioni hanno sempre invitato l’economia del cantone a riorganizzarsi e riorientarsi verso la sostenibilità, chiedendo un cambio di paradigma, da una parte verso la decarbonizzazione e la circolarità dei processi e dell’altra verso un’adeguata valorizzazione delle persone che vi partecipano.

Concetti come neutralità carbonica, sostenibilità, economia circolare, equa ridistribuzione del valore aggiunto sono ormai di dominio corrente dell’economia e della pubblicità aziendale. Tuttavia si tratta di verificare che questi propositi vengano effettivamente realizzati e non siano semplici operazioni di marketing, il cosidetto green washing.

Il DFE – almeno sulla carta – ha mostrato negli ultimi anni una certa sensibilità su questi temi. Tuttavia la maggioranza politica di centro-destra è ancora abbastanza reticente a muovere passi decisi in questa direzione attraverso le necessarie innovazioni sia di prodotto e di processo, sia di modalità di ridistribuzione del valore generato.

Ancora troppo spesso si sente dire che la Legge sull’innovazione non ha come obiettivo la sostenibilità, sebbene questo concetto sia fissato quale principio operante all’articolo 2 della stessa. Senza l’osservanza di questo principio cardine, l’innovazione rimane un processo di rigenerazione del cosiddetto valore aggiunto, che non garantisce la certezza di essere realizzato senza sottrarre valore alle persone e all’ambiente.

Come ben ha lasciato intendere l’altro ieri il capo del DSS, se lavoratrici e lavoratori vengono retribuiti poco e sono ben al disotto del salario mediano svizzero, queste e questi devono poi essere in qualche forma “indennizzati” dallo Stato tramite i sussidi. Quindi molto bene ha fatto il consigliere di Stato Raffaele de Rosa  a rimettere il campanile al centro del villaggio, e a ricordare, a chi criticava le ingenti spese del suo dipartimento, l’esatta sequenzialità tra cause ed effetti. È proprio quella propugnata dai liberisti, la cosiddetta economia senza regole, ad essere in realtà sussidiata, un’economia che differisce parte dello stipendio destinato alle e ai dipendenti, demandandolo allo Stato, sottoforma di sussidio.

Più difficile invece – anche se la SECO li stima in miliardi di franchi ogni anno a livello nazionale – è misurare il “valore” che i nostri processi economici sottraggono alle persone stesse in termini di danni alla salute e relativi costi, attraverso le cosiddette esternalità negative, così come le costrizioni lavorative impattano sul benessere delle relazioni familiari.

Un discorso analogo, può evidentemente essere fatto per le esternalità negative che la nostra economia scarica sull’ambiente naturale in termini di erosione delle risorse e di inquinamenti nocivi che poi incidono sul clima e sulla biodiversità.

Noi Verdi siamo consapevoli che le nostre aziende sono confrontate con una competizione che al momento tende ancora a rimuovere queste problematiche dalla propria coscienza, e dal proprio business plan, ma ciò non può essere una scusa per non tematizzarle, continuando a sostenere che l’innovazione non deve perseguire la sostenibilità sociale ed ambientale, oltre che finanziaria. Questo sarebbe un errore molto grave.

Proprio l‘attualità di domenica, con l’accettazione della legge clima, ci dice il contrario. L’innovazione può e deve essere un motore dell’economia a sostegno anche della transizione ecologica ed energetica.

Certamente bisogna riconoscere che il discorso sulla sostenibilità e la responsabilità sociale e ambientale d’impresa non è assente nel “pensare” del nostro mondo economico. Sappiamo che le associazioni economiche si stanno adoperando per sviluppare gli strumenti necessari in tal senso, ma noi verdi riteniamo che questo discorso vada sviluppato in maniera molto più decisa in tutti i settori economici, dal primario al terziario avanzato, coinvolgendo il mondo agricolo e il mondo delle costruzioni.

Da tempo seguiamo con interesse gli sviluppi del lavoro che AITI e Camera di commercio stanno svolgendo in collaborazione con SUPSI. Riteniamo tuttavia che questo vada potenziato e valorizzato molto di più sia dalle associazioni economiche stesse, che troppo spesso mandano ancora segnali troppo contrastanti sul tema della sostenibilità (vedasi la loro recente posizione in relazione alla Legge sul clima), sia dal DFE, il quale a nostro avviso è ancora troppo timido nel prendere una posizione inequivocabile su questo tema, orientando con piglio deciso la propria politica. In tal senso attendiamo con interesse i nuovi orientamenti sulla sostenibilità in ambito di promovimento economico regionale, ma ci aspettiamo che anche sul credito quadro all’innovazione venga dato un impulso deciso verso la sostenibilità sociale e ambientale.

Terminiamo con alcune domande al DFE per comprendere meglio come si sta muovendo:

  1. desideriamo innanzitutto sapere se i temi da noi sollevati sono materia di discussione all’interno del DFE e se all’interno del Consiglio di Stato ci si confronta sulle correlazioni che l’economia ha con la sanità e la socialità così come con l’ambiente e il territorio.
  2. inoltre desideriamo sapere che considerazioni e valutazioni si possono trarre dal progetto pilota sul criterio della sostenibilità introdotto facoltativamente nella LCPubb.
  3. Infine desideriamo sapere quali ulteriori passi il Dipartimento intende implementare per dare un impulso più deciso alla transizione verso la sostenibilità.