Officine: i problemi vengono a galla
il mio sentimento oggi, prendendo posizione su questo messaggio, è come già in passate occasioni quello di non avere libertà di scelta perché messo davanti al fatto compiuto e di non poter quindi votare che in un solo modo, pena, sentirsi un traditore.
Presidente,
Municipali, Sindaco,
Colleghe e colleghi,
il mio sentimento oggi, prendendo posizione su questo messaggio, è come già in passate occasioni quello di non avere libertà di scelta perché messo davanti al fatto compiuto e di non poter quindi votare che in un solo modo, pena, sentirsi un traditore.
Per il ruolo di opposizione che attualmente compete ai Verdi ma soprattutto per un’onestà intellettuale dalla quale non vogliamo abdicare, non ci è possibile aderire alla narrazione della maggioranza che vuole tale progetto “un’opportunità imperdibile”, che vuole abbagliare con lo stabilimento più moderno d’Europa, con il quartiere modello mega ecologico, intergenerazionale, sociale dai contenuti pubblici, progettato dai migliori architetti internazionali.
Di solito quando bisogna fare uso di tanti superlativi, c’è qualcosa che non quadra.
Quello che noi oggi siamo chiamati a valutare, è la sostenibilità e la credibilità di un progetto che finora è stato letto solamente con gli occhi dell’idealizzazione, dell’opportunismo politico e della paura.
La terra è finita
Un prima riflessione che evidenzia l’insostenibilità di questo progetto è che in un tempo dove abbiamo acquisito la chiara consapevolezza che dobbiamo già da ora diminuire i carichi ecologici e che la terra è una risorsa finita da risparmiare per funzioni ecosistemiche (assorbimento di CO2), le FFS invece di sviluppare con la propria tecnologia migliore d’Europa e per molti meno soldi (130 milioni) i propri stabilimenti sugli attuali sedimi (cosa sottoscritta con la propria firma nel 2013) ed attenersi alla protezione del territorio agricolo (altro impegno sottoscritto con la propria firma a fine 2017) si fanno venire la brillante e originale idea di incrementare il carico ambientale e lo sfruttamento di territorio da 120’000 mq a 270’000 mq, avendo il coraggio di chiamare tale progetto “grüne Wiese”, prato verde.
È facilmente comprensibile che se noi ci arroghiamo il diritto di funzionare così, non possiamo certo negarlo ad altri. È una questione di giustizia. Ma se tutti vogliono aumentare i propri carichi ambientali e lo sfruttamento di nuove terre non potendocelo più permettere, chi compenserà tutti questi aumenti? Sbolognare la pendenza ad altri non può più funzionare.
A noi ecologisti, ma penso anche a qualsiasi persona di buon senso, basterebbe già solo questo punto per bocciare il nuovo progetto FFS. Tuttavia ci preme sollevare un secondo punto per mostrare la superficiale e sbrigativa analisi di un progetto osservato con gli occhi della fede cieca.
Nessuna analisi d’impatto
Normalmente per un grande progetto edificatorio (e questo è sicuramente uno di quelli) si effettua un’analisi di impatto finanziario, economico, ecologico e sociale. Per questo progetto, a differenza di quello originario del 2013 che almeno era corredato da due studi di analisi e fattibilità, non è stato fatto niente di tutto ciò.
Come possano Municipio e Commissione della gestione non chinarsi sull’impatto generato dalla creazione ex-novo di un nuovo quartiere di 4-5’000 abitanti, con nuovi commerci e imprese e dalla creazione altrettanto ex-novo su terreni perlopiù verdi di un nuovo stabilimento industriale, onestamente non riusciamo a capirlo.
Nessun accenno all’impatto di rumori, disagi e inquinamento dei lavori di smantellamento e spostamento degli stabilimenti, di bonifica dei terreni e edificazione del nuovo quartiere. Nessun accenno neanche alle spese e ai lavori (sempre con relativi disagi) di urbanizzazione, di ampliamento dei servizi (scuole, impianti sportivi, idrici, energetici, urbani, amministrazione, pronto soccorso, …). L’aumento poi del carico sul sistema viario già oggi al limite, non viene neanche questo considerato. Le ripercussioni sul mercato immobiliare (vedi deprezzamento di vecchi immobili, lo sfitto crescente con il pericolo di bolla), le ripercussioni dell’arrivo di nuovi commerci sul già fragile tessuto commerciale del quartiere di Bellinzona e come già detto la perdita di terreni aventi funzioni agricole e ecosistemiche con il contemporaneo aumento dei carichi ambientali, neanche questi vengono minimamente considerati.
Il peggio è che nella smania espansionistica ed “sviluppista” della Nuova Bellinzona, l’impatto di questo progetto, sicuramente il più grande, va ad assommarsi e ad amplificarsi agli impatti di tutti gli altri innumerevoli più piccoli progetti.
Come si possa deliberare responsabilmente a favore di un progetto del genere, del quale non conosciamo minimamente le ricadute finanziarie e che implica l’esposizione praticamente cronica di tutta la cittadinanza a disagi, stress e adattamenti continui per i prossimi 15-20 anni almeno, veramente ci è incomprensibile.
Sbagli di comunicazione
L’ultima nostra riflessione è sul credito che questo progetto stipulato con le FFS dal Municipio di Bellinzona e dal Cantone merita o non merita di ricevere.
Quando il nostro Sindaco afferma che prima di questo progetto, sul quale ci accingiamo a votare, non c’era niente di concreto, semplicemente falsifica la realtà, rimuovendo dalla sua memoria che nel 2013 ha messo la firma su un documento con tanto di studio di fattibilità che rappresentava un’intesa elaborata e conquistata con grande fatica tra tutte le parti per mantenere sull’attuale sedime un’officina competitiva e, proprio perché più indipendente dalla direzione centrale delle FFS, capace di operare sul mercato terzi per la propria sopravvivenza.
Quando il nostro Sindaco afferma che le maestranze non hanno saputo convincere i politici della bontà delle loro idee e perciò si è dovuto fare un nuovo progetto, semplicemente occulta il fatto che nell’intesa del 2013 il progetto c’era ed era stato sottoscritto anche da lui. Con questo artificio dialettico in realtà egli nasconde il fatto che è stato lui, assieme ad altri politici, ad aver abbandonato la nave lasciando sole le maestranze e non il contrario, come sembra volerci far credere. Nella realtà dei fatti é la politica ticinese che non ha saputo e tuttora non vuole richiamare le FFS agli impegni sottoscritti, i quali prevedono di sviluppare le Officine assieme al centro di competenze sull’attuale sedime e prevedono di concedere loro una propria autonomia gestionale e finanziaria.
Caro Sindaco, tu hai voluto andare a giocare con i tabù e così hai aperto il proverbiale vaso di Pandora. Ora non puoi venire a lamentarti che ognuno difenda i propri interessi. La legittimazione a prendere una decisione così importante, come spostare le officine dall’attuale sedime con tutto quello che ne consegue e recedere così da un’intesa sottoscritta con la tua firma, non può essere estorta a posteriori, tacciando da disfattisti chi difende legittimi interessi come il rispetto della parola data, la protezione del territorio con i suoi ecosistemi o i propri interessi economici. Questa legittimazione an
dava chiesta prima a tutte le parti ed in primis alle Maestranze, ma certamente non estorta dietro le spalle delle persone.
Oggi, noi possiamo cantarcela e suonarcela come vogliamo, che abbiamo fatto l’aggregazione per avere più peso contrattuale, che per questo progetto abbiamo tutte le garanzie del caso … Illusioni! La dura realtà è che se non richiamiamo le FFS alle intese sottoscritte, riassegneremmo loro la possibilità di mantenere l’autonomia gestionale e finanziaria sulle attività produttive in Ticino in barba al monito del rapporto SUPSI che perorava l’autonomia delle OBe per non rischiare il declino programmato delle attività.
Questo gravissimo errore strategico espone nel contempo due Legislativi ad essere ricattabili dalle FFS, ci espone a non pensare fino in fondo le ricadute di questo progetto e a decidere per paura di perdere. Alle FFS daremmo nel contempo il controllo sulla pianificazione del comparto che si libererebbe e verrebbe anche concesso di poter speculare in un futuro prossimo sul terreno di Castione. Per non farsi mancare niente, questo gravissimo errore strategico, ha concesso alle FFS la possibilità di andare a cercarsi la posta piena, ovvero la delocalizzazione dal Ticino delle proprie attività.
Caro Sindaco, mi spiace, questi non sono semplici sbagli di comunicazione e tantomeno sono solo sbagli delle FFS. Questo significa non mantenere la propria parola, i propri impegni sottoscritti con la propria firma, cercando poi di camuffare il tutto attraverso un’abile retorica manipolatrice o presunti errori di comunicazione.
Noi Verdi non siamo disposti a dare credito a questo stile politico! Non siamo disposti a mettere le maestranze o alcun altro nel cantuccio come scolaretti da riformare. Non siamo più disposti a pagare una lauta servitù alle FFS e soprattutto non vogliamo che questo progetto nasca da un tradimento.
Respingere oggi questo credito é un grande gesto di coraggio, ma anche un segnale di responsabilità e speranza. Responsabilità e speranza che tutte le parti, Maestranze ed ecosistemi compresi, possano avere il loro legittimo riconoscimento.
Marco Noi, consigliere comunale dei Verdi del Ticino a Bellinzona