La recente inchiesta giornalistica RSI Falò (18.03.2021) ha riportato l’attenzione sull’uso illecito delle società buca-lettere, che sfruttano le lacune giuridiche e di controllo per acquisire guadagni indebiti attraverso il riciclaggio di denaro. Uno scenario, quello tratteggiato dal servizio di Falò, non certamente rassicurante, che vede l’utilizzo si società di servizio con sede nella vicina Mesolcina, come paraventi per attività illecite in Ticino, segnatamente nella piazza finanziaria luganese.

La nostra politica economica è molto – a nostro modo di vedere troppo – improntata sull’attrazione di capitali e attività economico-finanziarie allo scopo di avere indotto in termini di impieghi e di ricadute fiscali (il famoso “produrre ricchezza per poi distribuirla”), ma ciò rischia di essere un’attrazione fatale, se non ci si dota della capacità di discriminare – attraverso una “difesa immunitaria” efficace – le attività sane da quelle che danneggiano il tessuto economico cantonale e per finire l’intera collettività.

Sebbene il Consiglio di Stato, elencando tutta una serie di strumenti approntati a diversi livelli, propone di ritenere evasa una mozione di Alex Farinelli (Mo 1327) che chiedeva una strategia più efficace proprio contro le società buca-lettere, le diverse autorevoli testimonianze del citato servizio giornalistico RSI appaiono assai meno rassicuranti. La domanda che sorge spontanea è pertanto se gli strumenti a disposizione, oltre ad essere sufficienti, vengono poi effettivamente utilizzati e se il rapporto investimento-efficacia è in saldo positivo o se per finire le esternalità negative sono maggiori dei guadagni.

Deputazione in Gran Consiglio
I Verdi del Ticino

L’interrogazione