Avrei preferito che si chiamasse “legge per la modernizzazione e l’efficienza del Paese”. Perché è di questo che si tratta.

Il 18 giugno voteremo per modernizzare il nostro Paese e renderlo più resiliente e autosufficiente”, afferma lo “scienziato” Bertrand Piccard. “Il referendum riguarda gli investimenti, non le spese, e nulla deve ostacolare questo sviluppo”.

 
 
Tutto ciò che facciamo è ancora basato su tecnologie arcaiche e infrastrutture inefficienti che non solo inquinano, ma sprecano anche risorse e generano costi esorbitanti per la popolazione.
Consumiamo quattro volte più energia per chilometro con un motore a combustione che con un motore elettrico; i nostri edifici sono scarsamente isolati e spesso riscaldati con combustibili fossili quando potrebbero essere neutrali dal punto di vista della CO2; le fonti rinnovabili sono diventate più economiche del petrolio e del gas e comprendono molto di più dell’energia solare ed eolica: dimentichiamo gli scarti agricoli per produrre biogas e i fiumi per installare piccole turbine idroelettriche. Per non parlare dell’energia geotermica di superficie. L’economia circolare permetterebbe di riciclare i rifiuti. Si perdono così tante opportunità industriali rimanendo intrappolati nelle vecchie abitudini!
 
Quindi sì, abbiamo bisogno di elettrificare la nostra società per renderla più efficiente e quindi meno costosa. Questo è esattamente il contrario dei 6.600 franchi a persona che la legge dovrebbe costare, secondo gli oppositori che trascurano i recenti progressi tecnologici e non vedono nella transizione ecologica un’opportunità economica da cogliere. Solo sostituendo tutti i radiatori a resistenza con pompe di calore e le lampadine a incandescenza con i LED, risparmieremmo l’equivalente di due centrali nucleari. Dov’è dunque lo “spreco di elettricità” paventato dagli oppositori? Nel futuro? Al contrario, è oggi, nella nostra vita quotidiana che sprechiamo, ed è questo che deve cambiare.
 
Inoltre, riducendo le importazioni di combustibili fossili a favore della produzione di elettricità rinnovabile e locale, aumentiamo l’indipendenza energetica del nostro Paese. Tutti argomenti che, in teoria, dovrebbero rendere felici tutti i partiti politici. 
 
Un altro aspetto importante è che questa legge non introduce nuove tasse o divieti. Ciò che si propone di fare è creare la base giuridica per adottare finalmente soluzioni pulite ed efficienti. Che cosa è successo per forzare un referendum?
 
Chiamandola “legge sul clima”, abbiamo riattivato le fantasie anti-ecologiche. È vero che non riusciremo a prevenire il cambiamento climatico eliminando le emissioni di carbonio della Svizzera, che ammontano allo 0,1% del totale mondiale, anche se tutti dovessero fare la loro parte. Ma non si tratta di questo.
 
Naturalmente la neutralità delle emissioni di carbonio richiederà investimenti: 12,9 miliardi di franchi all’anno (pari al 2% del nostro PIL), secondo gli oppositori. Si noti che questa cifra rappresenta all’incirca le importazioni annuali di prodotti petroliferi ( per il 2022)! Anche il Consiglio federale riconosce che il costo dell’inazione sarebbe molto più alto: fino al 4% del PIL! È inoltre importante capire che non si tratta di costi, di denaro perso come quando si importa petrolio o gas a caro prezzo ( ndr come facciamo oggi), ma di finanziamenti che daranno un valore aggiunto al Paese. Non sono comunque più dei miliardi che vengono investiti ogni anno in infrastrutture, costruzioni e produzione di elettricità o calore con metodi superati, quindi tanto vale utilizzare questi soldi per tecnologie moderne, pulite ed efficienti piuttosto che continuare a percorrere il vicolo cieco di sistemi obsoleti e troppo costosi.
 
L’unico argomento valido che sento, anche se compare solo di sfuggita, è la paura del cambiamento. È vero che d’ora in poi dovremo lavorare in modo diverso per lavorare meglio. Per alcuni oppositori, questo significherà perdere i vantaggi personali come importatori di veicoli a combustione interna o di olio da riscaldamento. Ma possiamo frenare lo sviluppo di un intero Paese per gli interessi particolari di pochi? La conversione al futuro non è forse una sfida molto più interessante dell’aggrapparsi al passato?
 
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