Dal 2004 i Verdi sono in Consiglio comunale a Lugano. Una rappresentanza ridotta: due seggi fino al 2013, poi tre fino a oggi. Una presenza minima, in un contesto poco propenso all’ascolto e dominato da grandi interessi economici e di partito. Il primissimo atto parlamentare presentato dai Verdi chiedeva al Municipio se «esiste una strategia complessiva tesa ad alleggerire l’impronta ecologica della Città», quindi a ridurre il peso delle proprie attività sull’ambiente. Ancora oggi questa strategia non c’è. Più recentemente si è chiesto quale fosse la strategia di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici, e anche qui manca ancora un piano complessivo. Alcuni interventi recenti in città danno addirittura l’impressione che si vada in direzione contraria. Sugli indirizzi generali della politica cittadina sembra che quella dei Verdi sia una voce ancora inascoltata. Qualche risultato si è visto con proposte puntuali. Fin dal 2005 si è ripetutamente chiesto l’obiettivo minimo dell’ottenimento del marchio «Città dell’energia» e Lugano ci è arrivata faticosamente alla fine del 2019 (!). Alcune mozioni verdi  (come quella che proponeva la realizzazione di un impianto di biogas e una più recente che chiedeva l’introduzione di un bilancio ambientale e sociale che accompagnasse i conti consuntivi) sono state accolte ma non ancora concretizzate. Bastino questi accenni per capire che il cammino è ancora lungo e che la presenza dei Verdi è necessaria per indirizzare Lugano – intesa nella sua totalità: centro, quartieri e villaggi – verso un futuro più lungimirante. Urge una politica che non sia monopolizzata da progetti ambiziosi e sovradimensionati ma che prepari il terreno per una città più vivibile per tutti.

Per la campagna elettorale del 2016 i Verdi avevano usato questa vecchia cartolina (conservata all’Archivio storico della città) che mostra Piazza Manzoni com’era un secolo fa. Non per rimpiangere il passato ma per cogliervi indicazioni utili per un futuro migliore. Allora Piazza Manzoni si chiamava, non a caso, Piazza Giardino. Oggi è in gran parte asfaltata, un luogo di passaggio da riempire all’occasione con strutture provvisorie. Una delle misure più efficaci per contenere gli effetti devastanti del cambiamento climatico è il recupero della permeabilità dei suoli, che permette l’assorbimento delle acque e l’aumento delle superfici fresche. Suoli che respirano e su cui possono crescere macchie alberate. Questo ci può insegnare la vecchia Piazza Giardino. E il verde deve riconquistare la città, ovunque (anche sui tetti).

La vecchia cartolina ricorda anche l’importanza di preservare la propria memoria storica, in una città che, come aveva detto Tita Carloni, continua impietosamente a distruggere se stessa (la percentuale di edifici abbattuti a Lugano dagli anni ’70 a oggi supera quella di Berlino dopo i bombardamenti della II Guerra mondiale…). Si pensi al quartiere Montarina (la cui protezione è oggetto di una recentissima mozione), alle case Colombo, all’edificio ARL, ultima traccia del passato industriale di Viganello. In altre città un luogo come quello verrebbe restaurato e destinato alla popolazione, qui invece senza la reazione dei cittadini sarebbe stato tranquillamente cancellato. Anche questo deve e può cambiare, con una pianificazione coraggiosa che riduca le zone edificabili e inserisca nuovi criteri.

Una delle cartoline preparate per la campagna di quest’anno propone un’evidenza e una speranza. L’evidenza è che la natura manifesta la sua vitalità anche nelle situazioni più avverse: infatti la flora spontanea urbana, che si afferma in uno spazio ostile, è ricca e sorprendente. La speranza è che anche i Verdi, come questa piantina di soncino, riescano a crescere nello spazio cementificato – fisicamente e politicamente – della città di Lugano, e quindi a trasformarlo. Lo potranno fare se avranno l’appoggio degli elettori.