Da anni in Ticino assistiamo a un fermento immobiliare senza precedenti. A fronte di un leggero calo della popolazione negli ultimi 4 anni[1] e la prospettiva di una decrescita ulteriore del 5% entro il 2050[2], si constata un continuo aumento delle abitazioni vuote[3]. Questa distorsione dovrebbe destare parecchia preoccupazione sia a livello territoriale (paesaggio, mobilità, immissioni) che a livello economico (squilibri prevedibili nel mercato immobiliare, costi di urbanizzazione sostenuti).

Fra le cause vi sono certamente i tassi di interesse favorevoli, le difficoltà di investire i capitali in modo sufficientemente redditizio altrove e, in modo determinante, anche i piani regolatori (PR) spesso troppo generosi e, soprattutto, datati. Infatti, su 251 piani regolatori presenti sul territorio ticinese relativi a 115 Comuni, la metà sono vecchi di più di vent’anni e solo il 20% ha meno di dieci anni – laddove la legge dispone che la pianificazione locale debba essere rivista di regola ogni 10 anni (art. 33 cpv. 1 LST).[4]

Nelle città ticinesi (p. es Lugano, Mendrisio e Locarno) sono in vigore piani regolatori che addirittura risalgono agli anni ‘80 o ‘90 del secolo scorso. Alcuni di questi hanno permesso un’indecente speculazione edilizia, la distruzione del patrimonio architettonico storico, la sottrazione di spazi verdi e la perdita di identità dei quartieri, spesso provocando un generale senso di smarrimento fra la popolazione.

È evidente che questo sviluppo insediativo è pure in contrasto con la Legge federale sulla pianificazione del territorio che prevede un uso parsimonioso del suolo in modo da permettere di soddisfare i bisogni della comunità in modo proporzionato e lungimirante (LPT, art. 3 cpv. 3).

Anche la scheda R6 – Sviluppo degli insediamenti e gestione delle zone edificabili – del Piano direttore cantonale (approvata nel giugno 2021 dal Gran Consiglio e attualmente in procedura d’approvazione federale)[5] asserisce che “le zone edificabili in vigore non possono essere di principio ampliate” e “le zone edificabili sovradimensionate rispetto agli obiettivi di crescita per i prossimi 15 anni vanno ridimensionate riducendo le potenzialità edificatorie”.

Le modifiche inserite nella legge sulla pianificazione del territorio in occasione della sua revisione del 2014, richiederebbero, per avere un effetto sul territorio, un rapido aggiornamento dei piani regolatori comunali. Anche le recenti modifiche della Legge sullo sviluppo territoriale necessitano di essere recepite dai piani regolatori[6].

Il Piano direttore del Ticino, che getta le basi affinché gli aggiornamenti dei PR avvengano conformemente alle disposizioni federali, sarà tuttavia l’ultimo fra tutti i piani direttori cantonali svizzeri a entrare in vigore. La scheda R6 definisce l’iter e le tempistiche per i Comuni: 2 anni per verificare il dimensionamento delle zone edificabili, 2 anni per l’elaborazione di un programma d’azione comunale per lo sviluppo centripeto di qualità (PAC) dopo conferma della plausibilità sul dimensionamento da parte del Cantone, e altri 1-6 anni per l’adattamento dei PR.

Considerato che ad ogni tappa di questo iter complesso, che richiede anche il passaggio nei consigli comunali, sono possibili, anzi verosimili, dei ritardi, possiamo attenderci l’entrata in vigore dei primi piani regolatori che rispettano la legge del 2014 a partire dal 2030. Nel frattempo alcuni piani regolatori avranno raggiunto la veneranda età di mezzo secolo.

Nei Comuni si continuerà ancora per anni a rilasciare le licenze edilizie sulla base dei vecchi piani regolatori eccessivamente generosi, in barba all’obiettivo della legge federale di frenare la dispersione insediativa e il consumo eccessivo del suolo. L’ente pubblico si rende così complice dell’urbanizzazione disordinata, della dispersione degli insediamenti e dell’imbruttimento del paesaggio. Il fermento edilizio citato in entrata può anche essere spiegato dalla consapevolezza che gli anni in cui qualsiasi eccesso era permesso stanno lentamente volgendo al termine per cui si tenta di approfittare finché è possibile. Ci si può legittimamente chiedere se i nuovi piani regolatori, quando finalmente entreranno in vigore, saranno ancora in grado di fare la differenza.

Non sorprende quindi il recente aumento delle opposizioni a domande di costruzione e dei ricorsi a licenze edilizie da parte di singoli cittadini e delle organizzazioni della società civile che invocano il rispetto dei principi della legge federale, purtroppo non ancora tradotti in realtà pianificatorie.

Va inoltre sottolineato che gli obiettivi della nuova legislazione[7] sono anche di ordine qualitativo[8]. Pertanto, anche laddove i piani regolatori sono più recenti, un esame della loro attualità sarebbe oltremodo opportuna. Lo sviluppo centripeto degli insediamenti interni di alta qualità è una condizione sine qua non per la futura vitalità dei comuni. Questo sviluppo deve anche permettere di dare spazio, in zona urbana e periurbana, ad attività sociali e di svago di prossimità (p.es. parchi gioco, parchi alberati o centri socioculturali), ma anche ad attività artigianali.

Se i Comuni non pianificano, di principio il Consiglio di Stato potrebbe e dovrebbe intervenire, per esempio imponendo delle zone di pianificazione. La zona di pianificazione permetterebbe di limitare l’attività edilizia allo stretto necessario e potrebbe essere modulata e rimodulata in funzione delle necessità. Una modulazione di questo tipo non solo permetterebbe di frenare un’attività edilizia orientata alla mera creazione di residenze in sovrannumero, ma consentirebbe di prestare maggiore attenzione a quelle attività che magari soffrono la mancanza di spazi (per es. attività artigianali nei centri urbani) e agli obiettivi qualitativi (aree di svago, mobilità lenta).

 

Chiediamo pertanto al Consiglio di Stato:

  1. L’esaurimento delle superfici edificabili prima dell’entrata in vigore dei nuovi PR non rischia di rendere lettera morta la revisione della LPT del 2014?
  2. In occasione dell’esame di una domanda di costruzione, i Comuni sono tenuti a verificare se il Piano regolatore di riferimento è desueto (verificare la conformità della domanda con i dispositivi del PD, PAC, legislazione superiore, nuovi indirizzi pianificatori, giurisprudenza)? Sono tenuti a farlo in particolare in presenza di opposizioni alle domande di costruzione?
  3. In presenza di norme di PR obsolete che entrano in conflitto con principi pianificatori il Consiglio di Stato è tenuto ad intervenire d’ufficio e se del caso istituire delle zone di pianificazione? Lo ha già fatto in passato?
  4. Il Consiglio di Stato intende stabilire delle zone di pianificazione a salvaguardia di obiettivi di sviluppo territoriale e per garantire l’adeguamento delle pianificazioni locali? In particolare intende farlo per garantire uno sviluppo centripeto non soltanto quantitativo ma anche qualitativo (p.es. per assicurare l’equilibrio delle attività di incidenza territoriale: aree di svago sufficienti, commerci di prossimità, aree industriali ed artigianali, ecc.)?
  5. Il Consiglio di Stato ritiene auspicabile l’istituzione di una zona di pianificazione sull’intero territorio cantonale che limiti alle ristrutturazioni e a costruzioni di interesse pubblico gli interventi edilizi possibili?

 

Con i migliori saluti,

il gruppo parlamentare de I Verdi del Ticino

 

Samantha Bourgoin, Matteo Buzzi, Claudia Crivelli Barella, Marco Noi, Cristina Gardenghi e Andrea Stephani

[1] Cantone Ticino, Notiziario statistico 2021-32 https://www3.ti.ch/DFE/DR/USTAT/allegati/news/192084ns_2021-32.pdf

[2] Ufficio federale di statistica, Scenari dell’evoluzione delle economie domestiche tra il 2020 e il 2050, https://www.bfs.admin.ch/bfs/it/home/statistiche/popolazione/evoluzione-futura.html

[3] Ufficio federale di statistica Censimento delle abitazioni vuote nel 2021. https://www.bfs.admin.ch/bfsstatic/dam/assets/18664833/master

[4] Cantone Ticino, DT, 2018. Legge sullo sviluppo territoriale. Rapporto esplicativo.

[5] https://www4.ti.ch/fileadmin/DT/temi/piano_direttore/schede/schede_file/R06.pdf

[6] Per es. nuovo art. 87a LST

[7] Art. 1 cpv. 2 abis e bbis

[8] Le modifiche della Legge federale sulla pianificazione del territorio (LPT), approvate in votazione popolare nel 2013, rappresentano una svolta importante nella politica di sviluppo territoriale. La popolazione ha espresso una chiara esigenza: quella di una crescita qualitativa e non unicamente quantitativa. Una necessità, questa, che richiama un cambiamento generale nel nostro rapporto con il territorio. (Claudio Zali in Programma d’azione comunale per lo sviluppo insediativo centripeto di qualità, settembre 2021)