Kubi, la pièce recentemente in cartellone al Sociale di Bellinzona e prossimamente di scena a Lugano, offre interessanti spunti per alcune riflessioni legate al tema dell’integrazione degli stranieri nella nostra società.

La storia racconta di quanto sia stato difficile per la famiglia Türkilmaz riuscire a superare i pregiudizi e gli stereotipi della Bellinzona di quaranta/cinquanta anni fa.
Una storia a lieto fine perchè Kubi, nonostante tutto, è diventato quel fuoriclasse che tutti noi tifosi granata e non, abbiamo amato e osannato. Stessa sorte non tocco’ purtroppo ai tantissimi altri emigranti che già all’epoca subirono soprusi, discriminazioni e umiliazioni a non finire.

Ai tempi dei fatti narrati anch’io vivevo in un quertiere popolare della periferia nord di Bellinzona, con un tessuto sociale simile a quello dello Semine; ho tre anni in piu’ del protagonista e all’epoca ero schierato dall’altra parte della barricata, dalla parte degli Svizzeri. Ricordo mitiche partite “internazionali” sul campetto della Gerretta e ricordo purtroppo pure la già allora, tutt’altro che latente, onda di xenofobia dilagante che serpeggiava tra i ragazzini e in misura ancora maggiore, tra gli adulti e gli educatori! Quest’onda non si è mai sopita. Nella Bellinzona di oggi come in quella d’allora, l’aspra ostruzione e propaganda anti stranieri ha assunto dimensioni preoccupanti per coloro che oggi, sempre piu’ numerosi, bussano alle nostre porte. Gente che aspira legittimamente ad una vita migliore di quella che conducono nei loro paesi dove spesso regna la guerra e la miseria piu’ nera.

Un ulteriore segno tangibile di questa tendenza lo si è avuto durante l’ultima sessione del consiglio comunale cittadino; i “figli del Mattino della domenica” supportati da alcuni (molti) esponenti della destra moderata (?), hanno respinto il massaggio municipale relativo alla naturalizzazione di una signora turca (guarda che coincidenza!) applicando la linea dura ed intransigente nella valutazione della sua integrazione, trascurando il fatto che si trattasse di una persona dal passato burrascoso e con gravi problemi di salute.
No, purtroppo la signora non è una stella del calcio e nemmeno è ricca e famosa dunque, in questi tempi di campagna elettorale, è servita da agnello sacrificale per glorificare il cavallo di battaglia del largo fronte anti-stranieri.

Un’ulteriore segnale in questo senso è il fatto che la commissione della Legislazione , ora presieduta da una socialista, si è trovata con moltissimo lavoro arretrato sui dossiers dei naturalizzandi; ritardi probabilmente accumulati ad hoc da parte di alcuni commissari per ulteriormente e artificialmente prolungare l’iter atto ad ottenere l’attinenza comunale. Prova ne è la quantità esorbitante di messaggi inevasi che ci si trova ora ad esaminare prima della fine della legislatura.

Tornando alla rappresentazione teatrale ed al messaggio in essa vincolato, la sensazione è quella che, benchè il calcio e il mondo della cultura si diano da fare a livello planetario con campagne anti- razzismo, alle nostre latitudini il problema invece di acuirsi si sia incentivato. I venti tempestosi generati dal dilagante populismo nostrano ed internazionale non fanno ben sperare e consiglio dunque agli amici immigrati di giocare bene al calcio o di essere imbottiti di quattrini. In mancanza di questi requisiti la strada verso la tanto agognata naturalizzazione sarà sempre piu’ irta di ostacoli e, dulcis in fundo, a partire dal 2018 i requisiti diverranno ancor piu’ restrittivi; quindi se state valutando di richedere la cittadinanza, fatelo al piu’ presto. Quale magra consolazione, sappiate che comunque, nei nostri consessi siedono ancora persone con la dovuta sensibilità su questi temi, gente pronta a creare una società multietnica e migliore.