Anche la nuova Bellinzona dovrà confrontarsi con i vincoli pianificatori voluti dall’autorità superiore, e guardare oltre il breve orizzonte di legislatura per abbracciare il futuro delle prossime generazioni. La tentazione di chiudere gli occhi è forte, è politicamente più redditizio, ma è pure maledettamente sbagliato.

Così ci tocca ricordare alcune condizioni quadro di cui dovremo preoccuparci seriamente. Innanzitutto non ci sarà più concesso estendere le aree edificabili, quelle che già esistono vanno sfruttate fino all’ultima zolla, e semmai estese in altezza. Questa riduzione della libertà individuale ci è stata imposta da decenni di allegra gestione del territorio che ha ridotto a livelli insostenibili le già scarse aree produttive; noi viviamo molto al di sopra delle nostre possibilità depredando risorse a molti paesi mantenuti nella povertà.

I partiti si pongono già il problema di come continuare a costruire in questo contesto densificatorio, poiché la loro dottrina economica prevede solo la crescita, ritenendola sinonimo di qualità di vita, una cosa che, ahinoi, si sta deteriorando almeno dagli anni ’80. Qualsiasi sviluppo urbano dovrà inoltre integrare fra i propri obiettivi la riduzione dell’uso del trasporto privato, dato che questa è la premessa per accedere ai fondi concessi dalla Confederazione nell’ambito dei Programmi di agglomerato.

Come conciliare queste esigenze? L’opzione di un freno alla crescita demografica, per quanto centrale in qualsiasi modello evolutivo, è ormai tabù nel dibattito pubblico. Sarebbe almeno opportuno riconoscerlo. Il convergere delle crisi delle fonti fossili, di quelle delle materie prime, di quella ambientale lascia fondamentalmente indifferenti, malgrado l’urgenza di un cambio drastico di paradigma. Bellinzona farà la sua parte?

Abbiamo importanti risorse di cui non riconosciamo l’utilità. I rifiuti, in luogo di essere bruciati o trasportati all’estero, se recuperati, darebbero lavoro a decine di persone. Una decisa svolta alle energie rinnovabili, pilotata politicamente, sosterrebbe l’economia locale con lo sviluppo di nuovi posti di lavoro, la nascita di una rete intelligente di microcentrali produttive legate all’edilizia privata, e il risparmio di capitale, oggi trasferito all’estero, che finanzia l’industria delle fonti fossili. Abbiamo già perso un’occasione permettendo l’arrivo sul nostro comprensorio del gas metano. Non perdiamo altro tempo concedendoci all’allegra brigata degli sviluppisti patologici. Siamo tutti responsabili del nostro territorio. Anche con la nostra inazione.