Il Mendrisiotto, così come tutto il Ticino, è stato oramai conquistato, conquistato dalle lunghe colonne di auto, dall’inquinamento, dai grandi capannoni, dai lavori di ripristino delle strade, conquistato dalla disoccupazione e dall’aumento delle persone in assistenza e conquistato dal tenore di vita sempre più al ribasso.


La conquista è stata ottenuta senza guerra ma con una semplicità disarmante, sempre e solo nel nome del benessere economico (di pochi), e che ha permesso un aumento del dumping salariale e dell’impoverimento di chi vive qui.

Il Ticino è vittima anche del proprio successo e della prosperità, quella degli anni Novanta. Purtroppo chi ha ottenuto benessere negli anni passati non ha saputo guardare a lungo termine e non ha capito che bisognava trovare la giusta formula ed i compromessi per tutelare anche l’aspetto paesaggistico, la qualità di vita e il tenore economico di chi vive nella nostra regione. Uso il passato poiché abbiamo superato il punto di non ritorno; il nostro territorio conquistato è come il colino di un imbuto, si ritrova tutte le scorie di questa malsana gestione. Bisogna avere il coraggio di decisioni forti, magari poco politically correct, ma doverose, per riprendere in mano le redini di questo cantone.

Gli ultimi quattro anni sono stati politicamente insipidi, e caratterizzati da un immobilismo al quale mancavano solo le modine. Non si è fatto nulla (poiché sembra che non si possa fare nulla), si è rimasti in balia degli eventi, subendo le conseguenze, ma forse ad alcuni partiti va bene così. Non dico che lo Stato debba essere il datore di lavoro di tutti i ticinesi, ma ha il dovere di trovare gli strumenti per incentivare l’utilizzo di manodopera locale da parte delle aziende private, così da diminuire il più possibile il numero di persone in disoccupazione e assistenza. Se non si agisce in fretta, le persone senza un lavoro aumenteranno sempre più. Gravando su una voce che nella spesa pubblica dovrebbe invece diminuire, mentre a diminuire sono le entrate fiscali che provengono dalle nostre tasse.

La regione del Mendrisiotto – ha rivelato una ricerca sul turismo già pubblicata sul CdT – è ultima in classifica nei pernottamenti, nella ristorazione, nella cultura, ma è «gloriosamente» al primo posto per quel che concerne lo shopping (?), il transito (!) ed il casinò (quello che ha smesso di elargire parte dei propri benefici ai Comuni): come può emergere turisticamente una regione dove all’ora di cena, se un turista volesse andare dopo una visita al Museo dei fossili di Meride in un ristorante di Chiasso, impiegherebbe più di trenta minuti? Non può! A scanso di equivoci, e come si evince dal mio cognome, non sono patrizio e, come alcuni definiscono in modo spregiativo i nati di seconda generazione, sono un rigommato: non per questo tengo meno al nostro territorio, Mendrisiotto in primis e Ticino in generale.

Non è vero che non si può fare nulla: si può fare qualcosa, ma bisogna avere il coraggio di cambiare, e questo coraggio l’ho ritrovato nel programma dei Verdi, ma serviranno i voti di scheda degli indecisi e di quelli che vorrebbero essere del partito dei senza intestazione, poiché i voti personali non basteranno a far sì che si possa cambiare. Mi piacerebbe essere della partita, pur sapendo che obbiettivamente sarà difficile, ma sono convinto che chi dei Verdi siederà in Gran Consiglio e, come spero, in Consiglio di Stato, farà di tutto per attuare il programma presentato, volto a migliorare la situazione del cantone.

Per finire pongo una domanda: è possibile credere che le soluzioni per risolvere i problemi attuali ci vengano propinate dai partiti e dai politici che li hanno creati in questi ultimi vent’anni?

Mauro Collovà
candidato n. 22, lista n. 5 I Verdi del Ticino