Vietare l’eutanasia agli animali da compagnia sani – discorso di Giulia Petralli
Le disposizioni in vigore lasciano margine a “un veterinario di praticare l’eutanasia su un animale, a semplice richiesta del proprietario, senza che vi sia alcuna necessità legata alla salute o al benessere dell’animale”. Inoltre, la legge federale sulla protezione degli animali prevede una pena solo per chi uccide un animale con crudeltà o per celia. Sono queste le premesse che hanno spinto più di 30’000 cittadine e cittadini a firmare la petizione denominata “Vietare l’eutanasia di animali da compagnia sani”, che chiede a questo Gran consiglio di approvare l’iniziativa cantonale delle colleghe Merlo e Aldi.
I limiti del sistema giuridico attuale, in ambito di eutanasia praticata sugli animali da compagnia sani, sono per l’appunto ben conosciuti dalle iniziativiste, che tramite un’iniziativa cantonale chiedono a loro volta al Canton Ticino di farsi promotore, presso le autorità federali, del principio di vietare e punire chi pratica l’eutanasia su animali da compagnia sani.
Attualmente, la legge federale sulla protezione degli animali punisce chi li maltratta, chi li uccide con crudeltà, chi ne organizza combattimenti, chi svolge esperimenti infliggendoli dolore e chi li abbandona.
Per quanto concerne gli animali malati o feriti, invece, se il trattamento del loro malessere risulta privo di possibilità di successo o è possibile soltanto causando gravi sofferenze, l’uccise è consentita affinché la loro sofferenza venga annullata.
Di fatto però, in Svizzera, non è previsto alcun divieto esplicito di praticare l’eutanasia su animali da compagnia sani, poiché essenzialmente la legge federale sulla protezione degli animali non riconosce loro un diritto generale alla vita.
L’abbattimento di animali da compagnia che non sono malati terminali o gravemente feriti, è un argomento etico e legale complesso.
Se da una parte i rappresentanti delle associazioni attive in ambito di tutela dei diritti degli animali ritengono che la legislazione attuale sia insufficiente; dall’altra il veterinario cantonale e l’ordine dei medici veterinari ritengono che le normative in vigore, compreso il codice deontologico, siano già sufficienti al fine di scongiurare un abuso. In questo senso, inasprire le disposizioni giuridiche pregiudicherebbe il lavoro dei veterinari che sarebbero più cauti nel sopprimere un animale effettivamente malato e che potrebbero incorrere in spiacevoli cause legali.
In questo senso, nell’ipotesi di voler procedere con la richiesta dell’iniziativa, bisognerebbe prima chiarire due punti interrogativi. Innanzitutto, vi è la questione di dover meglio definire le caratteristiche che deve soddisfare un animale per essere definito domestico piuttosto che da reddito, pensiamo per esempio a un cavallo. In aggiunta, vi è la necessità di comprendere esattamente cosa si intende con “animale sano”, pensiamo per esempio a un cane cieco.
Posto il fatto che non spetta a questo Gran consiglio intraprendere questa discussione, già oggi comunque l’ordinanza sulla protezione degli animali offre delle definizioni.
L’ordinanza definisce un animale da reddito come un animale che è detenuto o destinato a essere detenuto per la produzione diretta o indiretta di derrate alimentari o per una prestazione di altro genere. Definisce come animali da compagnia quegli animali tenuti o destinati a essere tenuti presso l’alloggio domestico per l’interesse che suscitano o per compagnia. Una definizione già abbastanza chiara, ma che sì, può essere affinata qualora lo si ritenesse necessario.
In merito alla seconda questione, quella sulla salute, per le iniziativiste, l’eutanasia deve essere consentita solo nel caso in cui un animale domestico sia affetto da “una patologia non conforme con la vita”. Mentre l’Organizzazione mondiale della salute circoscrive la salute a “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia”. Anche qui, una base da cui partire, se lo si vuole, esiste, starà poi alle autorità federali approfondire la questione.
Ciò detto, vietare e punire l’eutanasia di animali sani potrebbe incoraggiare i proprietari di animali a prendere decisioni più caute prima di adottare un animale, sapendo che l’abbandono o la soppressione non sono opzioni. Un divieto alla soppressione in caso di salute rafforzerebbe inoltre la protezione degli animali da compagnia, riconoscendo loro il diritto alla vita, assicurando che non vengano soppressi per motivi superficiali, come divorzi o traslochi. Casi di cui l’esistenza, seppure rara, è stata ammessa anche dal veterinario cantonale. Legiferare per riconoscere agli animali il loro diritto di vita, non è legiferare a sproposito.
Alcuni paesi hanno già adottato leggi che limitano, vietano o puniscano l’eutanasia di animali sani, promuovendo piuttosto il benessere animale, l’adozione, la sterilizzazione o ancora un maggior potenziamento dei rifugi. Italia, Germania, Austria, Olanda e Regno Unito sono esempi di paesi in cui il divieto di abbattere animali che non sono malati o non sono gravemente feriti è già in atto. La richiesta delle iniziativiste è quindi fattibile senza pregiudicare nessuno.
Vi invito quindi a sostenere il rapporto di minoranza che da una parte chiede di inviare l’iniziativa cantonale e la petizione alle autorità federali competenti. Allo steso tempo, la minoranza comissionale, auspica che venga creata al più presto una lista delle associazioni attive sul territorio nella presa a carico di animali, al fine di promuovere presso i veterinari e i proprietari di animali la conoscenza e la sensibilizzazione rispetto a una rapida alternativa all’uccisione di animali sani.