Lotta al femminicidio: occorre fare di più
I dati parlano chiaro: il femminicidio e la violenza di genere in Svizzera sono fenomeni tristemente diffusi. Le segnalazioni di atti violenti sono quasi 20’000 all’anno e in media ogni due settimane una donna rimane vittima di femminicidio. Una realtà che deve preoccupare e va combattuta. Per questo le deputate ticinesi alle camere hanno inoltrato diversi atti parlamentari sul tema.
Con due mozioni, una alla camera alta e una alla camera bassa, si chiede una modifica dell’art. 113 del Codice penale svizzero che regola l’omicidio passionale. L’obiettivo è quello di sostituire, nella versione italiana e francese, l’aggettivo “passionale” con un termine più neutro, che non alimenti l’equivoco diffuso, secondo cui l’omicidio passionale ai sensi dell’art. 113 del CPS è quello tra (ex)coniugi e (ex)partner. Nella versione tedesca si parla di “Totschlag”, un termine neutro che non alimenta equivoci sessisti.
L’interpellanza “eradicare il femmincidio”, inoltrata da Marina Carobbio al Consiglio degli Stati, vuole far luce sulle misure già prese e quelle previste per combattere il grave fenomeno del femminicidio. Si invita poi il Consiglio federale ad incoraggiare l’utilizzo del termine “femminicidio” nel linguaggio mediatico e diplomatico, per evitare che gli omicidi delle donne siano banalizzati con termini quali “delitto passionale”.
Da ultimo con una mozione Greta Gysin in Consiglio nazionale chiede, con una modifica dell’art. 541 del Codice civile svizzero, che l’indegnità di cui all’art. 540 si estenda anche agli discendenti dell’autore del reato, se questi non sono discendenti diretti della vittima o non abbiano avuto con essa un rapporto stretto. In sostanza, non solo l’autore di un reato ma di regola anche i suoi discendenti devono essere indegni di succedere e ereditare. La norma attualmente stride in maniera lampante con il senso di giustizia e va quindi rivista.