Comitato ticinese per il NO al divieto di dissimulare il viso
Il 7 marzo l’iniziativa popolare per il divieto di dissimulare il proprio viso verrà sottoposta a voto popolare.
Il 7 marzo l’iniziativa popolare per il divieto di dissimulare il proprio viso verrà sottoposta a voto popolare. In Ticino è stato formato un comitato trasversale che raccomanda di votare NO a una proposta inutile, sproporzionata, controproducente, ma anche razzista, sessista, liberticida e anticostituzionale. Al comitato, oltre a movimenti femministi come il Coordinamento donne della sinistra e il Collettivo io l’8, hanno aderito anche l’associazione DaRe, Campax, ForumAlternativo, Gioventù Socialista, Giovani Verdi, I Verdi del Ticino, Partito Comunista Ticino, Partito Operaio e Popolare Ticino, Partito Socialista Ticino e diverse persone contrarie all’iniziativa.
L’iniziativa è inutile, perché per i fini di sicurezza e identificazione, così come contro la coazione esistono già delle leggi molto chiare: la polizia ha il diritto di chiedere a qualsiasi persona e in qualsiasi momento di identificarsi; un concordato nazionale prevede già delle misure contro la violenza in occasione di manifestazioni sportive; a livello cantonale esistono disposizioni di legge che vietano la dissimulazione del viso in situazioni di pericolo (p. es. durante le grandi manifestazioni). Infine, obbligare qualcuno a fare e tollerare qualcosa contro la sua volontà è coazione, reato punibile secondo l’articolo 181 del codice penale svizzero.
L’iniziativa è sproporzionata, perché vuole inserire nella Costituzione un divieto che limita la libertà degli individui così come l’autonomia dei Cantoni senza che vi sia un vero interesse pubblico. Le donne che portano il velo integrale in Svizzera sono infatti pochissime, per lo più turiste o residenti che si velano per propria scelta.
L’iniziativa è controproducente, perché acuisce l’oppressione femminile e gli estremismi.
Da un lato si puniscono ulteriormente le donne vittime di un eventuale obbligo, dando loro una multa o costringendole in casa; dall’altro si stigmatizza tutta la comunità di fede islamica e si favorisce un clima di intolleranza ed emarginazione, che a sua volta è fonte di possibili radicalizzazioni.
L’iniziativa è razzista: nel 2009 gli iniziativisti parlavano di minareti e oggi di burqa, ma in realtà prendono di mira tutta la comunità islamica e più in generale lo straniero, il diverso. Quello che mostrano le cifre è che l’andamento dell’islam in Svizzera è esattamente il contrario di ciò che minacciano gli iniziativisti: abbiamo una delle comunità musulmane meglio integrate d’Europa. Inoltre, musulmano non è un sinonimo di straniero: ci sono anche molte persone di fede islamica di nazionalità Svizzera o che sono nate e cresciute in Svizzera e sono perfettamente integrate.
L’iniziativa è sessista, perché voler liberare a tutti i costi le donne musulmane dalla presunta costrizione di indossare il velo integrale significa negare loro la capacità di pensare, di scegliere, di emanciparsi e di parlare da sole: è una negazione di libertà, una infantilizzazione sessista e un evidente segno di paternalismo. Gli iniziativisti si ergono a paladini della libertà delle donne, quando allo stesso tempo sono i primi che accusano le donne se sono troppo svestite e le colpevolizzano in caso di violenza.
L’iniziativa limita la libertà di credo e di coscienza delle donne musulmane che scelgono di indossare il velo integrale per motivi religiosi. Ma l’iniziativa limita anche la libertà di opinione, la libertà di riunione e la libertà economica di tutte e tutti noi. Infatti, l’iniziativa federale è fedele copia dell’iniziativa già approvata in Canton Ticino che, non prevedendo alcuna eccezione per le manifestazioni politiche o per motivi commerciali e pubblicitari, è stata oggetto di un ricorso accolto dal Tribunale federale che ha dichiarato l’iniziativa ticinese incompatibile con la Costituzione federale e ha imposto al Gran consiglio di rivederla. L’iniziativa è quindi liberticida e anticostituzionale.
Pretendere che la convivenza e la comunicazione possano avvenire solo a viso scoperto è un argomento debole e ridicolo. Basti pensare all’attuale crisi sanitaria, in cui non sono di certo state le mascherine igieniche sul nostro viso a impedire la convivenza, il rispetto e il dialogo. Per non parlare del fatto che oggigiorno molte delle nostre comunicazioni avvengono tramite telefono o internet e senza guardarsi. Ma anche il non voler partecipare all’interazione sociale o il voler mantenere la propria privacy in una società sempre più invadente è un nostro diritto.
Anche la valutazione della di questa iniziativa quale contributo alla laicità, un valore fondamentale per qualsiasi Stato moderno, non è pertinente. Una tale modifica costituzionale andrebbe infatti a rafforzare l’egemonia di una religione su un’altra attraverso una legge discriminatoria. E discriminando non si integra, ma si ghettizza e si acuiscono incomprensioni e intolleranze.
Per tutte queste ragioni, il Comitato respinge l’iniziativa e invita la popolazione a votare un chiaro NO il prossimo 7 marzo.
Comitato “No al divieto di dissimulare il viso”
noaldivietodidissimulareilviso@gmail.com
Facebook/Instagram: @NOaldivietodidissimulareilviso
Coordinamento donne della sinistra, Associazione DaRe, Campax, Collettivo io l’8, ForumAlternativo, Gioventù Socialista, Giovani Verdi, I Verdi del Ticino, Partito Comunista Ticino, Partito Operaio e Popolare Ticino, Partito Socialista Ticino.
Il comitato intende raggruppare tutte le persone, associazioni, partiti e movimenti contrari al divieto di dissimulare il viso, in uno spirito collaborativo e di auto-sostegno, nel cui contesto poi ognuna/o può sviluppare gli argomenti che gli stanno più a cuore. Il comitato è un gruppo di sensibilità eterogenee e che su alcuni punti possono avere anche visioni diverse, ma che nel complesso respingono chiaramente l’iniziativa.