Nel clima di tesa contrapposizione che caratterizza da tempo la vicenda dell’autogestione a Lugano, l’improvvisa occupazione avvenuta in coda alla manifestazione può essere considerata avventata e provocatoria. Ciò detto, sconcerta la sproporzione di mezzi e provvedimenti messa in campo dal Municipio: prima con un dispiegamento di polizia impressionante rispetto alla situazione (l’occupazione temporanea di un edificio disabitato da parte di un numero ridotto di persone) e poi con la scioccante demolizione di una parte ell’ex Macello (una parte del complesso non soggetta a vincoli di protezione ma che rappresenta il simbolo di questi lunghi anni di presenza del centro sociale a Lugano). Evidentemente il Municipio aveva già immaginato e pianificato questo scenario, questo esito: una demolizione non si improvvisa in due ore. Un gesto, quello della demolizione, che concretizza la volontà di fare “tabula rasa”, di cancellare con le ruspe una presenza che di fatto è parte integrante della realtà urbana. La pesantezza dell’intervento, anche per la sua natura programmata, finisce per togliere credibilità alle proposte di trattativa lanciate in extremis nei giorni scorsi da parte dell’esecutivo. Le scelte messe in atto non faranno che produrre frustrazione, esasperazione, rabbia: un clima funzionale a chi vuole esacerbare lo scontro. Siamo esterrefatti per la dimensione e la violenza dell’intervento repressivo e avviliti per la fine brutale di questo ciclo di storia dell’autogestione a Lugano. Invitiamo a raccogliere i cocci e a riprendere un improbabile dialogo: dal disastro può anche nascere qualcosa di nuovo.