La scuola è sempre in movimento e guai se così non fosse. Se cambiano la società, le famiglie, il luogo dove viviamo e le priorità, allora anche la scuola ha il diritto di poter fare altrettanto. L’attuale periodo storico ci propone diversi tipi di cambiamento: tra questi abbiamo quello climatico, quello digitale e quello sociale. Negli ultimi anni ci siamo confrontati con le tematiche relative ai livelli A e B nelle scuole medie ticinesi, un metodo che di fatto permette di selezionare e scremare le e i giovani in vista della formazione post-obbligatoria. Nonostante i grandi cambiamenti che un po’ tutti abbiamo visto accadere attorno a noi (didattica a distanza e digitalizzazione del sapere, tanto per citarne un paio), la presenza dei livelli sembra saldamente arroccata a convinzioni arcaiche ormai obsolete e quindi – a mio avviso – non più giustificabili.

Dopo molte discussioni abbiamo motivo di credere che i livelli così come sono oggi si trovino sulla via del tramonto e affinché il vuoto lasciato dalla loro assenza non sia destabilizzante, siamo ora alla ricerca di una struttura didattica che faccia da degna sostituta. Ritengo personalmente che i livelli ci siano ancora non perché alla gente davvero stiano a cuore, bensì piuttosto perché le alternative ad essi presentate alla popolazione non sono state illustrate con sufficiente convinzione. A causa di proposte troppo astratte e poco trasparenti nella loro presentazione, la scuola ticinese ha rischiato di perdere l’occasione di fare un vero passo avanti, quando il messaggio che era necessario far passare era semplice e concreto. I nostri bambini e le nostre bambine non meritano un sistema che li selezioni tra di loro, non possiamo più accettare che un sistema scolastico ormai obsoleto metta in evidenza delle differenze – peraltro discutibili – che li porti a farli sentire insufficienti o esclusi. Non vogliamo però nemmeno che siano completamente abbandonati in classi sovraffollate davanti a una serie di schede da risolvere per completare i laboratori che andrebbero svolti in autonomia mentre la loro unica docente aiuta chi secondo il nostro sistema “ha più bisogno”. Ma più bisogno di cosa? Lo sanno gli adulti di cosa hanno bisogno le e i giovani? La mia esperienza nelle scuole ticinesi ha evidenziato che i e le giovani vogliono soprattutto un modello a cui fare riferimento. Vogliono avere qualcuno con cui confrontarsi, qualcuno a cui stare a cuore, qualcuno da provocare e da cui lasciarsi provocare. Vogliono essere unici, insostituibili e di certo non vogliono sentirsi diversi. Vogliono una scuola come l’avremmo voluta noi: una scuola dove poter andare serenamente e sentirsi accolti, essere ripresi quando lo meritavamo, ma soprattutto una scuola dove potersi sentire liberi di essere ciò che si è e non costretti a strizzarsi nel posto scelto per noi dalla società. Un posto dove ci sono degli adulti di cui ci si possa fidare e a cui ci si possa affidare. Magari un luogo dove anche come famiglia si possa essere accompagnati costantemente durante l’anno (non solo quando ci sono dei problemi).

Quali sono le proposte per una scuola così? La risposta è semplice: abolizione dei metodi di selezione in livelli A e B, differenziazioni interne alle classi grazie alla creazione di gruppi eterogenei di lavoro, più docenti presenti allo stesso tempo in classe, classi meno numerose, più attenzione per il singolo e alle competenze sociali, più accompagnamento e orientamento per le famiglie durante il percorso scolastico. E forse insegnanti che siano un po’ meno docenti e un po’ più maestri.

Clara Seitz – Giovani Verdi, candidata n.78, Lista n.14 Verdi del Ticino