Qualche settimana fa, nell’ambito del dibattito sulla nuova legge sulla caccia, sulle pagine del Corriere del Ticino, s’è potuto leggere che il lupo preda non solo le greggi, ma minaccia anche donne, anziani e bambini. Le cifre ufficiali parlano però un tutt’altro linguaggio. In Svizzera negli ultimi 10 anni sono state uccise 536 persone da un altro grande predatore, quello più grande di sempre: l’uomo. E ciò senza contare i 1’853 tentativi di assassinio andati a male. Certo, e nessuno lo nega, anche il lupo è un predatore, ma le cifre delle sue prede sono briciole nei confronti delle nostre. Mentre in Svizzera il lupo s’è pappato l’anno scorso 420 delle nostre capre e pecore, i nostri cacciatori gli hanno “rubato” oltre 90’000 delle sue potenziali prede, fra caprioli, cervi, camosci, stambecchi, cinghiali, tassi e volpi, senza poi contare i 523 caprioli uccisi dai nostri cani non tenuti al guinzaglio (queste ultime cifre sono del 2018). Ma non è tutto: sempre nel 2018 il traffico stradale e ferroviario ha causato la morte di altri 9’824 caprioli, 6’936 volpi, 3’291 tassi, 662 cervi 483 cinghiali, 45 camosci e 637 lepri.

Certo le preoccupazioni dei nostri allevatori sono legittime, ma in questi ultimi anni i danni provocati dai cosiddetti “grandi predatori” sono rimasti in sostanza limitati e pressoché costanti. In Svizzera i lupi divorano ogni anno tra le 300 e le 500 pecore e capre, ma la maggior parte di queste predazioni avvengono in greggi non protette. La protezione delle greggi funziona infatti egregiamente. 20 anni fa, nel 2000, i primi 4 lupi arrivati in Svizzera uccisero ben 256 pecore e capre, ossia una media di 64 a testa. Nel 2019 i lupi, diventati nel frattempo 80, ne uccisero 420, ossia poco più di 5 a testa. Da notare poi, che fra le oltre 200’000 pecore e capre dislocate ogni anno sugli alpeggi svizzeri ne muoiono tra le 4‘000 e le 6‘000 di malattia, precipitando in un dirupo, a causa della caduta di massi, colpite da fulmini o a causa di nevicate precoci. Queste ingenti perdite di animali da reddito lasciati pascolare liberamente in luoghi particolarmente impervi, sono considerate un “danno collaterale” sopportabile e viene prlopiù sottaciuto. Questo “danno collaterle” è accettato senza batter ciglio quando causato dalla negligenza dell’uomo, dai suoi cani, o dai pericoli naturali, ma curiosamente è considerato insopportabile, anzi spettacolarizzato, quando inflitto dal lupo.

Ma lasciamo la questione del lupo, che in fondo non è che un pretesto per tentare di favorire l’avvallo alla nuova iniqua legge sulla caccia. In origine la proposta di legge presentata dal Consiglio Federale era molto più restrittiva, ma è stata annacquata durante il dibattito parlamentare dalle lobby dei cacciatori e dagli ambienti per i quali una severa ed efficace protezione della natura e della biodiversità è solo d’intralcio. Ed ecco che nel corso del dibattito parlamentare diverse specie protette sono scivolate nella lista di quelle cosiddette “regolabili”, termine eufemistico per dire che possono essere abbattute. Delegando poi la competenza ai cantoni, s’è aperta una strada maestra per l’abbattimento di specie protette in tutti quei cantoni dove queste lobby sono più forti. Immaginatevi cosa capiterà ad esempio di un cantone come il Vallese dove membri delle autorità cantonali e locali pontificano sull’istituzione di zone libere dai lupi e dove un consigliere di stato ha incitato i suoi concittadini all’abbattimento illegale, piuttosto che mettere in opera misure adeguate alla protezione delle greggi?

Non è dunque un caso se tutte le organizzazioni svizzere di protezione della natura e degli animali, come pure la Società Forestale Svizzera, hanno lanciato un appello a votare NO alla nuova legge sulla caccia. Sterminati in Svizzera tra il XIX e l’inizio del XX secolo, gipeti, lontre, castori, linci, gatti selvatici, lupi, stambecchi e orsi bruni stanno lentamente ripopolando il nostro magnifico paesaggio alpino. Cent’anni fa, nelle nostre foreste non c’era praticamente più selvaggina. La concorrenza tra uomo e animali era feroce, la natura era percepita come una minaccia, basta ricordare il lupo cattivo di cappuccetto rosso o la favola del gipeto barbuto accusato a torto di carpire agnelli e bambini. È l’ora di superare le paure ancestrali e di ridare a tutte le specie che un tempo popolavano l’arco alpino il posto che loro spetta. Ecco perché occorre votare con un deciso NO alla legge che permette il loro abbattimento.

Samantha Bourgoin

Granconsigliera dei Verdi del Ticino