Premio fiscale di confine e concorrenza sleale
Analisi del previsto provvedimento
Con piacere l’analisi del provvedimento paventato dal Ministro delle finanze italiano, alla base la domanda di fondo è: fino a quando l’economia del Cantone Ticino sarà per lo più basata sui bassi salari?
Quando l’On. Giorgetti, Ministro delle finanze italiano, ha lanciato l’idea di istituire un “Premio fiscale di confine”, per i lavoratori dipendenti attivi entro i 20 km in linea d’aria dalla Svizzera, alcuni esperti di fiscalità hanno immediatamente messo in dubbio la conciliabilità di tale misura con le libertà fondamentali vigenti nell’Unione europea, e più specificamente con l’accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e la stessa UE. In fase di approvazione dell’accordo sui frontalieri in Senato, si è però appreso che questo provvedimento potrebbe avere un fondamento inaspettato, che lo renderebbe perfettamente legittimo e che troverebbe la sua origine nella constatazione che i salari elargiti in Svizzera, ben più sostanziosi delle remunerazioni corrisposte nella zona di frontiera italiana, comportano un consistente afflusso di risorse e cervelli verso la Confederazione, causando scarsità di manodopera oltre ad alcune criticità nel tessuto.
A ben vedere, infatti, la questione non dovrebbe essere inquadrata nell’ambito della libertà di circolazione dei lavoratori, dal momento che essendo l’Italia il paese “di uscita” dei frontalieri un simile incentivo fiscale non sarebbe da solo idoneo a comprimere il diritto per i residenti italiani a lavorare oltreconfine.
Tuttalpiù, un’eventuale decontribuzione del lavoro dipendente potrebbe porre una questione per quanto riguarda la normativa europea in materia di aiuti di Stato (art. 107 del Trattato noto come “TFUE”). Agli Stati membri dell’Unione europea, tra cui l’Italia, è fatto divieto di approvare misure che incidano sugli scambi commerciali all’interno del mercato unico. Nel caso specifico delle regioni confinanti con il Ticino, però, vi sono una serie di circostanze che molto probabilmente renderebbero una tale misura compatibile con questa normativa europea.
In primis, il fatto che la Svizzera non faccia parte dell’Unione europea e del mercato unico e dunque che non sia “protetta” dal Trattato. Inoltre, è lo stesso Trattato a prevedere una serie di deroghe per gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni economicamente e socialmente “svantaggiate”, tra cui rientrano sicuramente anche le zone di confine con il Cantone.
Nella prospettiva europea ed italiana, infatti, gli alti salari svizzeri rappresentano una concorrenza insostenibile, che porta migliaia di persone formate nelle università italiane e curate dal servizio sanitario nazionale italiano (ovviamente a spese dei contribuenti italiani) a mettere a frutto le loro competenze su un mercato estero, causando la desertificazione economica e sociale di intere province italiane.
Francesco Cannas, Ricercatore presso l’Università degli Studi di Torino e Avvocato
Filippo Piffaretti, Esperto fiscale dipl.