Passeggiando nella zona di Pratocarasso, del neo quartiere di Bellinzona, si può osservare un eccezionale fermento edilizio. In un raggio di 200 metri dalla chiesa del S. Cuore, stanno sorgendo non meno di 400 appartamenti. Fino a qualche tempo fa, un pannello presso il più grande di questi cantieri (oltre 20’000 mq) recitava: “Stiamo ancora cercando terreni per altre promozioni immobiliari”. Davanti a quel cartello ho pensato ai terreni attorno alla Benedetta (il famoso comparto nord di 175’000 mq), la cui edificazione è stata, per fortuna direi, bloccata in votazione popolare.

Credo che la Nuova Bellinzona debba fare una seria riflessione sulla sua futura pianificazione territoriale ed economica, poiché perdere le qualità di comune vivibile e a misura d’uomo è subito fatto.

I proclami, a dire il vero, sono sempre molto edificanti. Città ecologica, città a misura d’uomo, mobilità lenta e intermodale, sono sempre sulla bocca dei politici capitolini, ma nel frattempo le aree verdi diminuiscono a vista d’occhio. Attorno alle palazzine di nuova costruzione gli alberi ad alto fusto, veri e propri biotopi rinfrescanti, non possono più starci poiché le autorimesse sotterranee, oltre ad impedire il drenaggio naturale dell’acqua piovana, impediscono lo sviluppo delle radici. I prati inglesi, da irrigare per mantenerli belli, non sanno nemmeno cosa sia la biodiversità. Anche se vengono proposti stalli per le biciclette, la gente continuerà ad utilizzare l’automobile, poiché non paga posteggio, salate tasse di circolazione e assicurazioni per tenerla ferma nell’autorimessa.

Se poi, come impone la Legge federale sulla pianificazione del territorio (LPT), si punta con decisione sulla densificazione senza però procedere a dezonamenti – ovvero rendere inedificabili terreni da salvaguardare per le coltivazioni e la compensazione ecologica, la tendenza sopra descritta non potrà che aumentare.

Pedanterie ambientaliste? Chi si informa sui servizi forniti dagli ecosistemi (mantenimento di microclima salubri e freschi, della fertilità dei terreni, dell’assorbimento di CO2, …) sa bene quanto la nostra qualità di vita dipenda da tali “dettagli”. D’altra parte le leggi federali sull’agricoltura e la protezione della natura e del paesaggio vanno proprio in questa direzione.

Se la Nuova Bellinzona desidera essere ecologica nel senso più integrale del termine, credo debba sviluppare un istituto in scienze ecologiche interfacciandosi con gli istituti in bio-medicina, i laboratori cantonali, la scuola agraria di Mezzana, SUPSI, USI e l’istituto in scienze dell’amministrazione ipotizzato nel progetto di aggregazione.

Chissà che la Nuova Bellinzona non possa essere una delle prime “transition town” delle nostre latitudini, dove si impari soprattutto a vivere bene, in modo sostenibile e mantenendosi in salute.

Marco Noi