Nel partito dei Verdi ci sono tante donne e sulla nostra lista per il Gran Consiglio siamo la maggioranza. Alle donne, a torto o a ragione, si riconosce una buona dose di senso pratico ed è forse per questo motivo che, da donna e Verde, mi sembra incredibile che non si riesca a muoversi compatti verso una soluzione condivisa in materia di lavoro, visto che il problema ha effetti così pesanti sulla vita di tanti ticinesi.


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Tutti i politici affermano di condividere la speranza di costruire un Ticino migliore per i nostri giovani. Oggi questa speranza si scontra con la realtà. Una realtà con 12’000 disoccupati, 8’500 persone in assistenza, migliaia di invisibili per le statistiche del governo. Una realtà in cui un terzo dei posti di lavoro va ai frontalieri. Un terzo. Non perché noi che abitiamo qui non abbiamo voglia di lavorare. Non perché non abbiamo la formazione. Ma perché, per i datori di lavoro, i frontalieri costano meno. E questo non è colpa dei frontalieri, ma è colpa della libera circolazione (e anche – diciamolo – dell’avidità e della “furbizia” di quei datori di lavoro che approfittano della situazione).  

Però questa realtà sembra ancora sfuggire a tanti politici borghesi, che non la vedono o non la vogliono vedere. Non siamo solo il cantone con più frontalieri, siamo anche quello con la percentuale più alta di lavoratori poveri (working poor), cioè persone che pur lavorando non guadagnano abbastanza per mantenersi (7,1% in Ticino). Chi più soffre della situazione sono le donne che, a livello nazionale, sono pagate il 19% in meno per lo stesso lavoro. E il salario mediano ticinese, che 10 anni fa era di fr. 760 inferiore a quello svizzero, oggi vale fr. 1000 in meno al mese. Ma la spesa e la cassa malati ci costano come a Zurigo.

Se noi Verdi ci impegniamo in politica, è perché vogliamo garantire un presente e un futuro a chi abita in Ticino. Un futuro con il lavoro, senza dover emigrare. Senza andare a portar via il lavoro ai romandi o agli svizzeri tedeschi perché il nostro lavoro l’hanno preso i cittadini dell’Unione europea, in un assurdo gioco a rincorrersi mentre i salari continuano a scendere.

Non chiediamo nulla d’impossibile: vogliamo i contingenti e la preferenza per i lavoratori residenti; vogliamo salari dignitosi, che permettano di vivere in Ticino (e non solo oltre confine), vogliamo più ispettori e più controlli antidumping, vogliamo subito il Fondo per il lavoro, per aiutare – subito – chi è più in difficoltà. Perché è la dignità dei più deboli tra noi che dobbiamo difendere, se vogliamo difendere la dignità di tutto un popolo.


Tamara Merlo

candidata per il Consiglio di Stato e il Gran Consiglio