La giovane candidata dei Verdi Francesca Orelli commenta un articolo del giornalista del Caffé Stefano Pianca che definisce “troppo lamentosi” i ticinesi.


Conoscendo bene il dramma di famiglie e persone ticinesi che ogni giorno, da quando alcuni imprenditori hanno capito che qui da noi si può “fare impresa in modo sleale e a basso costo”, affrontano realtà come l’assistenza, la disoccupazione, la frustrazione di avere a che fare con uffici di collocamento inefficaci e che non lesinano nelle punizioni, la difficoltà sempre più crescente di arrivare alla fine del mese, il dover far fronte a debiti di cassa malati perché non riescono più a pagarla (e magari, a causa del nuovo provvedimento, è stato tagliato loro pure il sussidio), sono rimasta a dir poco basita di leggere sulla prima pagina del Caffè dell’8 marzo, in un articolo scritto da Stefano Pianca, parole come “ticinesi troppo lamentosi”, “piagnistei” e via discorrendo. Non nasconde inoltre che, non appena ho visto il titolo a caratteri cubitali, mi sono lasciata sfuggire anche un commento piuttosto blasfemo.

In genere preferisco non prendere posizione in modo così “energico”, non perché non lo voglia, ma perché da diversi mesi sto lavorando, sia con i giovani Verdi sia con i giovani degli altri partiti, ad una serie di possibili soluzioni per risolvere i gravi problemi che abbiamo a livello cantonale, quindi le mie priorità erano e sono altre. Ma davanti a parole come quelle che ho letto, non ho potuto far finta di nulla! Credo che dare dei lamentosi ai ticinesi, ed anche ai residenti che hanno scelto di trasferirsi nel nostro cantone con la speranza di una vita migliore, ma che si sono poi ritrovati a fronteggiare a loro degli imprenditori senza scrupoli, sia non solo una mossa molto azzardata, ma anche una grave mancanza di rispetto, soprattutto se non si conosce quello che sta dietro a queste persone, e a queste famiglie, e il perché di queste grida d’aiuto.

La prospettiva di uscire di casa e di fare lunghe file davanti agli uffici dell’Urc, come pure quella di dover fare la fila in una qualsiasi sede del Tavolino Magico, o davanti agli uffici dell’assistenza o dell’ufficio esecuzioni e fallimenti, non sono forse motivi sufficienti per scatenare la rabbia, e le conseguenti richieste di aiuto, di quelle persone e di quelle famiglie, domiciliate o residenti in Ticino, che a causa dell’uso smodato della libera circolazione da parte di alcuni imprenditori e di una certa classe politica, hanno perso il lavoro, ne stanno cercando uno disperatamente, non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese o, dopo una lunga e frustrante ricerca, si ritrovano a dover bussare all’ufficio dell’assistenza (e magari hanno anche una o più lauree in tasca)? 

L’accordo sui frontalieri, la sovranità cantonale, lo statuto speciale e i risarcimenti delle imposte, quattro delle tante soluzioni che sono state messe sul tavolo, insieme a quella “Salviamo il lavoro in Ticino”, e richiedeva salari equi per settore, e l’iniziativa del 2008 per la protezione del minimo salariale dal fisco, non sono piagnistei, bensì delle iniziative promosse dai partiti e dai cittadini per cercare di rispondere con efficacia al dramma sociale che si sta sempre palesando di più, e che non può e non deve più essere ignorato!
Non è vero che noi ticinesi non abbiamo voluto assorbire la cultura dello stare insieme, poiché ancora adesso a nord del Gottardo, siamo conosciuti dai nostri vicini per essere delle persone molto conviviali.

Non è altresì vero che questo malcontento sia esploso con la chiusura delle Regie Federali, o con la mancanza dei capitali portati nelle banche dai nostri “ex amici italiani” (che parola infelice poi!). Già nel 2007, quando hanno iniziato a palesarsi gli effetti di quello che io definisco un vero e proprio dramma sociale, ci sono state le prime avvisaglie nella popolazione, che però sono state volutamente ignorate. Questi effetti sono stati causati da uno schema che molti pensavano di sfruttare senza conseguenze, ma che ha dato ben presto frutti nefasti: le assunzioni basate non più sulle capacità ma sul costo del lavoro, hanno portato non solo ad una guerra tra poveri e al dumping salariale, ma anche ad un blocco delle attività economiche, facendo sì che molte aziende,soprattutto quelle piccole e medie, chiudessero i battenti. Ma non è tutto: oltre che sul piano economico, altri effetti, ben più allarmanti, si sono avuti sul piano sociale.

Un indebitamento sempre più diffuso nella popolazione (ecco perché ci troviamo con i conti in rosso! Logico che se la gente non ha un lavoro, o ce l’ha ma viene pagata in modo indegno, non può provvedere a far fronte alle spese più elementari), una sempre più crescente depressione nella popolazione e un aumento allarmante dei casi di suicidio. Per questi motivi ho deciso di combattere e di scendere sul campo con i Verdi, e per questi stessi motivi, ho deciso di espormi e di prendere posizione con questo scritto, anche a costo di beccarmi qualche legnata dagli avversari: per ridare loro giustizia e per ridare loro la dignità che meritano! 

 

Francesca Orelli
candidata al Gran Consiglio per I Verdi del Ticino