La certezza che Trump “è l’unico presidente americano a non aver scatenato guerre” sta come minimo vacillando dopo i recenti bombardamenti americani dei siti nucleari iraniani. Non credo molto nell’indole pacifista del tycoon: il vortice bellico all’interno del quale è stato trascinato da Israele mi sembra anzi essere il culmine di un atteggiamento guerrafondaio (o perlomeno assertivo) che già aveva contraddistinto la prima amministrazione Trump. Il ritiro unilaterale dall’accordo sul nucleare iraniano e la conclusione degli Accordi di Abramo, per citare due esempi, hanno destabilizzato il Medio Oriente, isolato Teheran e lasciata irrisolta la questione palestinese, contribuendo a radicalizzare i vari attori regionali.

Dopo gli attacchi israeliani e statunitensi non provocati sferrati all’Iran, alle nostre latitudini ci si è affrettati a domandarsi quanto Teheran fosse effettivamente vicina alla bomba atomica. E i leader occidentali – che sotto la pressione di un’opinione pubblica sempre meno disposta a chiudere gli occhi dinnanzi al genocidio in atto a Gaza avevano cominciato a criticare (seppur timidamente) Israele – si sono prontamente ricompattati attorno al criminale di guerra Netanyahu, giustificando implicitamente l’ennesima violazione del diritto internazionale. E ignorando, altresì, le vere intenzioni di “Bibi” e dei falchi di Washington: il rovesciamento del regime degli Ayatollah, visto come minaccia strategica (sicuramente non “esistenziale”) per il predominio geopolitico nella regione.

È ora di riconoscere che l’agire dell’attuale governo di ultradestra israeliano, con tanto di placet da parte dell’inquilino della Casa Bianca, costituisce una minaccia per la sicurezza globale. Non pochi Paesi nel mondo saranno giunti infatti alla conclusione che una capacità di deterrenza nei confronti di potenze imperiali aggressive può solo essere raggiunta… con la bomba atomica.

Rocco Vitale – membro GOP Verdi del Ticino