Investire nel personale sociosanitario: un passo Fondamentale per la sostenibilità dei Servizi
Presidente, consigliere e consigliera di stato, colleghe e colleghi,
ieri molto si è già detto sui costi della salute, sulla prevenzione e sulla Ripam. Mi soffermerò quindi su un unico tema: le condizioni di lavoro del personale sanitario ed educativo, senza il quale i servizi di cura semplicemente non potrebbero esistere.
I settori sociosanitario e socioeducativo rappresentano un pilastro fondamentale per il benessere della collettività, ma continuano a scontrarsi con molte sfide che ne mettono a rischio la sostenibilità. Nonostante l’impegno del Dipartimento, rimangono aperte questioni sistemiche tra cui i problemi salariali, la carenza di personale e le condizioni di lavoro gravose.
Le problematiche salariali continuano infatti a penalizzare i lavoratori e le lavoratrici che praticano nel campo della sanità e della socialità. Preoccupano particolarmente le condizioni del personale meno o diversamente qualificato, come gli Operatori Sociosanitari (OSS), gli Operatori Socioassistenziali (OSA) e gli Assistenti di Cura (ACSS).
Assunti nella maggior parte dei casi con contratti a tempo parziale, questi lavoratori e lavoratrici occupano ruoli cruciali nell’accompagnamento giornaliero di utenti, pazienti o bambini, ma percepiscono salari che non sono sufficienti a garantire loro di arrivare a fine mese in maniera dignitosa. Tutte queste figure, faticano infatti a pagare le spese essenziali in un contesto di ripetuto aumento dei costi della vita.
Altre figure, come per esempio gli educatori, vengono magari meglio retribuiti, ciò nonostante sono assunti sempre a percentuali ridotte proprio a causa degli importanti ritmi di lavoro. Dal canto loro, queste figure non si vedono nemmeno applicate, per esempio, le pause o si trovano a dover svolgere turni di 12 ore o più perché non sottostanno alla legge sul lavoro.
Ciò, oltre a non valorizzare il contributo umano che queste figure producono, rende difficile il reclutamento di nuovo personale, specialmente per le posizioni più impegnative e meno remunerate.
La diffusa carenza di personale si sta traducendo vieppiù in turni straordinari, in burnout, in abbandoni precoci, nella paura che il collega si ammali, nella paura di ammalarsi, e incidono negativamente sulla qualità dei servizi erogati. Servizi in cui, gli effetti dei primi tagli iniziano a farsi sentire con vari blocchi di progetti, sostituzioni parziali di personale partente o sostituzioni di professionisti costosi con professionisti meno costosi.
Ieri si diceva che i tagli non hanno portato ad effetti catastrofici. È vero, non per ora, ma se ciò è stato possibile è anche grazie al lavoro di educatori, infermieri, assistenti di cura e via dicendo che, ancora una volta, hanno messo davanti alle proprie esigenze quelle di utenti, pazienti e bambini.
Per affrontare queste criticità, è fondamentale che il DSS adotti misure strutturali, già promesse dopo la pandemia, tra cui un allineamento salariale al costo della vita, l’attuazione di nuovi incentivi mirati per tenere i talenti, l’aumento (e non la diminuzione) del personale. Misure che non dipendono solo dalla contrattazione tra le parti sociali, come troppo spesso di sente dire, ma anche da scelte politiche specifiche, come quelle che ci apprestiamo a prendere oggi. È infatti necessario evitare decisioni che penalizzano ulteriormente i lavoratori, come ad esempio il blocco della riclassificazione della scala stipendi ROCA, tanto per dirne una.
Preoccupa infine, anche la riuscita di EFAS, che aggraverà le finanze del cantone, bloccherà riforme più utili per contenere i costi e graverà ulteriormente sul personale attivo in ambito sanitario. Chiedo quindi al direttore del dipartimento se si stanno studiando delle strategie concrete per far fronte ai limiti del nuovo sistema di finanziamento.
In conclusione, la progettualità del Dipartimento in ambito di personale e conseguentemente di presa a carico di parte della popolazione più fragile ci pare offra ancora margini di miglioramento.