Bellinzona 3.12.2023

 

Un vero e proprio massacro si sta compiendo sotto i nostri occhi. La strage di oltre mille civili innocenti consumata da Hamas nei kibbutz è intollerabile. Ed intollerabile è pure la reazione sproporzionata di Israele, che in poco più di un mese di bombardamenti a Gaza ha provocato oltre 15.000 vittime civili (di cui almeno un terzo bambini) distruggendo quartieri interi. Gli uni come gli altri massacri hanno una matrice comune: sono crimini di guerra, se non addirittura crimini contro l’umanità, e come tali vanno perseguiti da un tribunale internazionale. 

Per trovare risposte adeguate a questo conflitto e operare nell’interesse di una coesistenza pacifica duratura tra i due popoli è importante sottolineare che il conflitto israelo-palestinese, ora drammaticamente riesploso, non è cominciato il fatidico 7 ottobre.

Dal 1967, Israele occupa militarmente ed illegalmente la Cisgiordania e Gerusalemme est. L’espansione di insediamenti israeliani (in Cisgiordania oggi vivono più di mezzo milione di coloni israeliani) e la confisca di terre palestinesi hanno causato lo sfollamento di migliaia di Palestinesi. In Cisgiordania, ragazzi tra i 13 e i 15 anni sono sottomessi a un tribunale militare giovanile. Anche la Striscia di Gaza era stata occupata militarmente fino al 2005. Sebbene abbia ritirato le truppe (prima dell’invasione via terra scattata recentemente), Israele mantiene in vigore un illegale blocco aereo, navale e terrestre e una zona cuscinetto, che fanno di Gaza una prigione a cielo aperto: più di due milioni di Palestinesi sono isolate/i dal resto del mondo. Metà della popolazione della Striscia è disoccupata, due terzi vive sotto la soglia della povertà.

Ad oggi, la popolazione palestinese è privata dei propri diritti fondamentali nei territori occupati come a Gaza. Questa situazione è un terreno fertile per Hamas e il suo disgustoso antisemitismo per reclutare giovani senza prospettive e trasformarli in martiri della resistenza palestinese. 

Il governo Netanyahu e quelli che lo hanno preceduto, all’interno dei quali c’è stato chi ha manifestato esplicitamente la volontà di annettere l’intera Cisgiordania e rendere invivibile la Striscia di Gaza, da decenni sta infliggendo immense sofferenze alla popolazione palestinese che non fanno altro che rinforzare le cause profonde del terrorismo. Fino a poco prima del brutale massacro del braccio armato di Hamas, il gruppo islamista veniva dietro le quinte sostenuto o perlomeno non contrastato dallo stesso Netanyahu per delegittimare le autorità palestinesi in Cisgiordania e poter quindi giustificare la colonizzazione della Cisgiordania. Anche se Hamas venisse sconfitto, presto o tardi si ripresenterà probabilmente un altro gruppo di ispirazione islamista che avrà gli stessi obiettivi e userà purtroppo gli stessi mezzi. Per completare il quadro va aggiunto che Hamas aveva vinto le elezioni politiche palestinesi del 2006 sconfiggendo il partito più moderato Fatah. La lotta intestina tra queste due forze politiche ha portato però nel 2007 alla cacciata di Hamas dalla Cisgiordania e la sua ascesa al potere nella striscia di Gaza, dove aveva raggiunto una chiara maggioranza. 

Alla luce di queste considerazioni sorprende la reazione unilaterale del governo svizzero, che fino ad ora si è limitato a condannare “gli atti terroristici di Hamas” e ad invocare il diritto all’autodifesa dello Stato di Israele, invitando Tel Aviv al “rispetto del diritto internazionale umanitario”. Non una parola di condanna sulle migliaia di bambini uccisi nella Striscia, e ancora meno sull’occupazione illegale dei territori palestinesi durata più di mezzo secolo. 

Paese neutrale e a vocazione umanitaria e pacifista, la Svizzera non dovrebbe a nostro avviso aderire alla retorica dello scontro di civiltà, che implicitamente giustifica qualsiasi azione di vendetta contro popolazioni civili ritenute collettivamente responsabili per crimini commessi da rispettivi eserciti e gruppi armati. La Confederazione elvetica, Stato depositario della Convenzione di Ginevra e che si contraddistingue per la coabitazione pacifica di diversi gruppi linguistici e confessionali, dovrebbe assumere una posizione più coraggiosa nel conflitto in corso. 

 

Chiediamo al governo svizzero che: 

  1. Si adoperi per tenere tutti i canali diplomatici aperti fungendo da mediatore e contribuendo a una risoluzione pacifica del conflitto in corso, a partire da un cessate il fuoco immediato tra le parti. In questo senso va rivisto il progetto attualmente in corso di vietare l’organizzazione radicale islamista Hamas. Qualora un divieto di Hamas dovesse effettivamente entrare in vigore, il Consiglio federale dovrebbe considerare misure punitive nei confronti di Israele per rispettare il principio di equidistanza e non perdere la propria credibilità come Stato neutrale e potenziale mediatore.
  2. Chieda il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi israeliani nella Striscia di Gaza e delle persone palestinesi detenute illegalmente nelle carceri israeliane.
  3. Promuova un processo negoziale che possa portare alla coesistenza pacifica del popolo israeliano e palestinese e la creazione di due Stati entro i confini definiti dalle risoluzioni dell’ONU. In questo senso occorre che la Svizzera riconosca lo Stato palestinese.
  4. Si impegni incondizionatamente per difendere i diritti umani e il diritto internazionale, per non sconfessarne il carattere universale: in questo senso occorre esigere da Israele la liberazione e il ritiro delle truppe dai territori occupati; finché ciò non avverrà, la Svizzera dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di applicare sanzioni economiche contro Israele così come fatto per la Russia, e/o, come fatto da altri Stati europei, di segnalare i beni prodotti nelle colonie illegali. 
  5. Si adoperi affinché Hamas e Israele osservino il diritto internazionale umanitario, al fine di proteggere in particolare la popolazione civile. Depositaria della Convenzione di Ginevra, la Confederazione dovrebbe anche esigere la creazione di corridoi umanitari sicuri, sostenere maggiormente l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati a Gaza (UNRWA) e fare pressione affinché la popolazione a Gaza abbia accesso ai beni essenziali.
  6. Esiga che i crimini di guerra compiuti in Israele e in Palestina vengano giudicati dalla Corte Penale internazionale.
  7. Sostenga le ONG israeliane e palestinesi che si impegnano per la coesistenza pacifica tra i due popoli.

 

Comitato Verdi del Ticino

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