Come potrebbe essere la nostra vita se potessimo beneficiare di un reddito incondizionato e come molte impari opportunità fra uomo e donna potrebbero venire in parte colmate.


Un reddito incondizionato per tutti i cittadini; giovani, vecchi, donne, uomini, lavoratori, disoccupati, assistiti e volontari. Avremo una prima occasione di esprimerci nel 2016 sull’iniziativa che, a tale proposito, ha raccolto più di 125 mila firme. Alcuni Stati applicano già in varie forme tale modalità, garantendo così a tutti un reddito dignitoso per far capo a spese come vitto, alloggio, vestiti, assistenza sanitaria.

Non è possibile? Ma il vero progresso non è la realizzazione dell’utopia? Anche l’AVS e le vacanze pagate non erano utopie? E dimentichiamo volentieri che il nostro benessere lo dobbiamo soprattutto a persone, parenti o amici, che svolgono lavori domestici, curano figli, persone disabili o invalide; senza dimenticare tutte quelle che militano nelle varie associazioni culturali, sportive o di volontariato, svolgendo lavori non retribuiti, o chi si mette a disposizione per far funzionare un Comune, un Cantone o la Nazione. Tutto questo lavoro e impegno gratuito, dato per scontato, sovente sminuito, per niente considerato, ha lo stesso valore del nostro PIL svizzero (prodotto interno lordo) stimato in ben 630 miliardi di franchi l’anno. Non proprio una bazzecola. L’ipotesi di reddito incondizionato corrisponde a 2500 fr. per gli adulti e 650 fr. per i minorenni. Vuol dire ad esempio che tutte le persone che si sobbarcano lavori domestici, la cura di persone e casa, corrispondenti sovente a un lavoro a tempo pieno, riceverebbero questi soldi più quelli dei loro figli.

Per il Consiglio Federale i soldi non ci sono; eppure dai calcoli effettuati (vedere www.bien.ch), recuperando i soldi della disoccupazione, i vari assegni, l’assistenza, l’AVS ecc. mancherebbero circa 18 miliardi. Niente a confronto dei 630 miliardi regalati dai cittadini per le mansioni sopraccitate; e niente se pensiamo che la Banca Nazionale ha bruciato 300 miliardi in 5 anni per truccare il rapporto franco/euro. Con quei soldi avremmo finanziato un reddito incondizionato per 20 anni di fila. Soldi che sarebbero rientrati nella nostra economia.

Se veramente vogliamo, sì che si può! La felicità e il piacere di svolgere determinati lavori/impegni per la famiglia e la comunità o avere il tempo per dedicarci alle relazioni umane, alla condivisione di affetti o per ricevere sostegno morale non sono contemplate nel valore del PIL, ma se mancassero queste cose fondamentali saremmo molto più poveri e insicuri. Un Paese allo sbando. Negli USA tra il 1946 e il 1990 l’indice di felicità è diminuito di circa il 7%, mentre il reddito pro capite è fortemente cresciuto da 6.000 a 20.000 dollari. È dunque importante riflettere al rapporto tra economia e felicità, perché se avere di più significa star male e distruggere le basi della nostra esistenza e il Pianeta stesso, allora occorre chiederci sul serio e subito qual è il significato e la natura dei beni che l’economia propone e che noi consumiamo. Ma soprattutto che senso dare alla nostra vita.

Pierluigi Zanchi
Consigliere Comunale Locarno, Commissario della Gestione
Candidato al Gran Consiglio