Onorevole Presidente, onorevoli Consiglieri di Stato, colleghe e colleghi,

intervengo sia in qualità Relatore che a nome del gruppo dei Verdi che, lo anticipo già, sosterrà in maniera convinta l’inserimento nella Costituzione cantonale del principio della sovranità alimentare quale obiettivo sociale.

Per quanto concerne la questione della definizione, dei campi di applicazione, dei settori coinvolti e dei numeri dell’agricoltura ticinese, vi rimando al Rapporto. Ricordo in questo frangente che, in estrema sintesi, la SA è, secondo la Dichiarazione di Nyéléni, “il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, ed anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo”.

Lasciando da parte i dibattiti sui massimi sistemi, l’inserimento della SA nella Costituzione cantonale, favorirebbe, senza per altro creare diritti e doveri che necessitano di una Legge di applicazione, lo sviluppo di un’economia locale maggiormente sostenibile, equa e sana e rafforzerebbe le basi costituzionali per un consolidamento progressivo del grado di autoapprovvigionamento del nostro Cantone.

L’autoapprovvigionamento altro non è se non la quota di produzione indigena di derrate alimentari rispetto al consumo all’interno di un determinato territorio; il consumo a sua volta è definito dalla formula: produzione + importazioni – esportazioni e variazione delle scorte. In questo frangente, il principio della SA pone dunque l’accento sui mercati locali e sulle filiere corte.

Sarebbe quindi più corretto parlare di sovranità o di sovranismo alimentare? Ognuno scelga la definizione che più gli aggrada. La SA implica comunque un processo di riterritorializzazione e una rivalutazione dell’agricoltura e del cibo come elementi essenziali per la sostenibilità ecologica e sociale; processi ancora più evidenti in contesti di emergenze alimentari, climatiche, ambientali o sanitarie, come tutti abbiamo potuto verificare con i nostri occhi negli scorsi mesi.

A livello ticinese, la SA potrebbe generare un circolo virtuoso con ricadute positive su diverse tematiche quali la questione della perdita di terre coltive, la rivalutazione delle professioni agricole, la promozione di un’alimentazione variata e sostenibile, dei mercati locali, delle filiere corte e delle catene di valore brevi e non globalizzate.

E qui vorrei ritornare alla scorsa seduta di Gran Consiglio e ad un intervento che mi ha fatto molto riflettere. Mi riferisco alla proposta evidentemente provocatoria della collega Passardi al Direttore del DT, Claudio Zali, ovvero l’arrocco tra l’aeroporto – evidentemente considerato un’attività economica vera e propria e dunque sottoposta all’autorità del DFE – e la Sezione dell’agricoltura, vista in maniera un po’ riduttiva alla stregua di un’attività ricreativa, legata più che altro alla preservazione del paesaggio e di conseguenza più legata al DT che al DFE.

Eppure, in Ticino ci sono oltre 1’100 aziende agricole che coniugano, da una parte, una tradizione secolare fatta di insegnamenti tramandati di generazione in generazione all’interno di aziende prevalentemente a conduzione famigliare, e, dall’altra, una propensione per l’innovazione tipica delle nuove generazioni.

In Ticino, gli esempi di pratiche innovative ci sono e vanno sostenuti. Penso, a titolo puramente esemplificativo, ad un’azienda agricola che vinifica il proprio spumante non in cantina ma sul fondo del Lago Ceresio, sfruttando le temperature costanti, l’assenza di luce e le correnti. O a quel gruppo di giovani agricoltori che sulle pendici del Monte San Giorgio coltiva zucchine per produrre spugne biodegradabili e limitare la vendita ed il consumo di quelle di plastica.

Il settore primario non solo è alla base del nostro sistema economico, ma tocca pure diversi altri ambiti: dalla salvaguardia del paesaggio alla preservazione delle terre coltive, passando per salute e turismo; a tal punto che nel PD cantonale, nella scheda P8, si afferma che “il destino dello sviluppo paesaggistico e turistico (del Canton Ticino) dipende in misura preponderante da un’agricoltura sostenibile”.

Il rilancio del settore agroalimentare è – o almeno dovrebbe essere – una priorità del nostro Cantone. Perché il futuro della nostra economia, per noi Verdi, dipende più dalle scelte strategiche nel settore primario, e non dallo sviluppo di effimere, luccicanti e farlocche fashion valley, fatte solo di vacuità e paillettes.

In questo preciso momento storico, in Ticino, è altresì necessario ridare lustro e dignità alle professioni agricole, troppo spesso considerate alla stregua di mestieri poco qualificati e interessanti. Chi di noi, infatti, non ha mai sentito o magari addirittura utilizzato l’espressione “braccia rubate all’agricoltura”? Come se lavorare nei campi fosse facile e non necessitasse di conoscenze specifiche.

Inoltre, sempre più frequentemente, si propongono ai nostri giovani modelli lavorativi quantomeno opinabili (per usare un eufemismo) come il famigerato influencer e ci si scorda, troppo spesso, di promuovere – tramite l’orientamento professionale nelle scuole dell’obbligo – un’eccellenza formativa cantonale come l’Istituto agrario di Mezzana. Quasi fosse un crimine di lesa maestà proporre ad un ragazzo in formazione un futuro legato alla terra.

In quest’aula oggi, però, ci viene chiesto unicamente di riconoscere il principio della SA quale obiettivo sociale all’interno della nostra Costituzione. Si tratta di un riconoscimento quasi simbolico, visto che si tratta di una formulazione scevra di conseguenze dirette, ma che può avere comunque un grande impatto generando appunto una presa di coscienza collettiva sull’importanza di tutto il sistema agroalimentare ticinese.

Anticipo in questa sede la contestazione mossa dall’UDC, almeno in Commissione, secondo cui non bisognerebbe scomodare la Costituzione per questo tema: una posizione che personalmente mi lascia perplesso per due ragioni fondamentali.

La prima è che questa critica venga direttamente dall’ormai ex partito agrario, che i contadini dovrebbe difenderli, sostenerli e valorizzarli. La seconda è che questo stesso partito, proprio negli scorsi anni, si è battuto per mettere nero su bianco all’interno delle nostre Costituzioni alcune questioni molto circoscritte e mi riferisco in particolare al divieto di edificare minareti (numero dei manufatti esistenti ad oggi in Svizzera: 4) e a quello di dissimulare il volto negli spazi pubblici.

Nonostante quest’ultimo divieto mi faccia molto sorridere in questo momento (anche se nessuno di voi lo può vedere), non critico le proposte in sé. Anzi; sono convinto che le Costituzioni siano un po’ come i testi sacri: deve esserci tutto ed il contrario di tutto. Un menù à la carte, in cui ognuno possa ritrovare, almeno in parte, le proprie sensibilità ed le proprie tematiche.

Alla luce di queste considerazioni non solo porto l’adesione convinta del mio gruppo all’Iniziativa elaborata proposta da Massimiliano Ay, ma invito anche il gruppo UDC a fare altrettanto e, coerentemente con la propria storia e con la propria azione politica degli ultimi anni, a sostenere questa proposta.

 

Andrea Stephani, Per il gruppo dei Verdi

Bellinzona, 19 ottobre 2020