Favorire l’economia cantonale: investire sul territorio e sulla cittadinanza
Se la ricchezza dipende dall’accalappiare i ricchi altrove, significa che la politica economica è arrivata a un punto critico. La vera ricchezza risiede nella capacità di creare qualcosa di nuovo, utilizzando le risorse disponibili sul territorio, e non “rubandosi” persone ricche altrove. Purtroppo, questa visione è messa in discussione dalla dinamica globale di competizione, in cui le nazioni si scontrano per accaparrarsi le persone benestanti.
Questo ragionamento trova riscontro anche nel mondo dello sport, in particolare nell’hockey. Una squadra nazionale potrebbe essere rafforzata da giocatori stranieri, ma la domanda che emerge riguarda se questa sia la strada giusta. L’allenatore Patrick Fischer ha sostenuto che sarebbe necessario limitare il numero di stranieri, per non compromettere le capacità di gioco della squadra. Questo principio si applica anche all’economia: se non si sviluppano internamente le competenze per creare ricchezza e non ci si assume la responsabilità di produrla sul proprio territorio, si corre il rischio di trovarsi in difficoltà.
La critica principale riguarda la mancanza di una responsabilità condivisa. Se si parla tanto di responsabilità e solidarietà, ma al contempo si esonerano alcuni membri del gruppo dal portare la loro parte di responsabilità, si crea un sistema disfunzionale. Questo approccio esonera i più ricchi, che sono anche i più forti dal punto di vista economico, da un contributo maggiore, mentre gli altri cittadini vengono chiamati a fare la loro parte. Se questa disuguaglianza si radica, il gruppo non sarà in grado di funzionare. Quando i più ricchi non sono chiamati a rispettare le regole e a contribuire, gli altri si sentiranno legittimati a non farlo, il che si tradurrà in un comportamento che danneggerà l’economia locale. Vi è già una logica di concorrenza tra nazioni e cantoni e noi vogliamo portarla anche a livello comunale?
Un altro aspetto critico riguarda le politiche fiscali. Se l’introito fiscale da parte delle aziende è diminuito, è necessario interrogarsi sulle cause di questo calo. Negli ultimi anni, invece di aumentare il carico fiscale, si è proceduto a sgravi. Se ora ci sono meno introiti, è probabile che ciò sia il risultato di queste politiche. Se l’obiettivo è far crescere l’economia, non è possibile ignorare l’effetto destabilizzante che queste politiche stanno creando. Un clima di instabilità politica non favorisce la crescita economica e alimenta l’incertezza, che indebolisce il sistema economico nel suo complesso.
In modo paradossale, si sta applicando una politica di decrescita. Quelli che proclamano la necessità di crescita e investimenti per sostenere l’economia, in realtà stanno implementando politiche che portano a una contrazione. Questo effetto a cascata riguarda i cantoni che chiudono i rubinetti, i comuni che sono costretti a fare lo stesso, e alla fine a pagarne il prezzo sono i cittadini e l’intero sistema economico.
Quando i leader economici affermano che gli imprenditori sono i “produttori di ricchezza”, si dimentica che essi sono solo uno degli attori fondamentali nell’economia. Oltre agli imprenditori, ci sono i cittadini, che contribuiscono all’economia con i loro consumi, e lo Stato, che ha un ruolo cruciale nell’orientare e sostenere l’economia. Le politiche keynesiane, ad esempio, evidenziano come lo Stato debba essere un attore economico attivo, in grado di fornire segnali decisivi per il mercato. Pertanto, è lecito interrogarsi sul fatto che la politica di austerità attuata stia realmente inviando il giusto messaggio per alimentare l’economia e renderla sostenibile a lungo termine. La decarbonizzazione, la riduzione delle risorse utilizzate per ottenere gli stessi risultati sono tutte scelte strategiche che dovrebbero renderci più resilienti nel futuro. Tuttavia, al momento non sembra che le politiche attuali stiano seguendo questa direzione.