oggi grazie alla mozione del MPS affrontiamo un tema di cui non si parlava più da diverso tempo, ma che in un’epoca di emergenza climatica evidente, assume addirittura  maggiore importanza. La mozione chiede che il Consiglio di Stato prenda tutte le misure necessarie affinché l`Azienda Elettrica Ticinese venda immediatamente la propria partecipazione alla centrale a carbon fossile di Lünen.

I dati scientifici accumulati negli ultimi decenni dipingono un quadro allarmante. Dall’epoca preindustriale, la temperatura media globale è aumentata di 1,3°C, mentre in Svizzera l’incremento raggiunge un preoccupante +2,8°C. Questo aumento non è un semplice dato statistico, ma una realtà che viviamo ogni giorno attraverso eventi climatici estremi. Anche nel nostro Cantone, le ondate di calore, le precipitazioni violente e altri fenomeni meteorologici anomali hanno provocato danni materiali, sanitari e umani di portata crescente. Il cambiamento climatico non è un problema di altri, ma un problema nostro, che richiede azioni decise e coerenti. 

Il carbone, tra tutte le fonti energetiche, rappresenta uno dei principali motori di questo disastro. Contribuisce al 37% delle emissioni globali di CO2, ed è chiaro che ogni giorno di ritardo nell’abbandono di questa fonte comporta costi incalcolabili in termini di vite umane, salute pubblica e devastazioni ambientali. La centrale a carbon fossile di Lünen, per il 15.8 % in possesso di AET, emette mediamente ca. 3 mio di tonnellate all’anno di CO2. Considerando la parte che spetta ad AET e quindi al Cantone Ticino, possiamo dedurre che le emissioni della centrale aumentano di ca. il 35% le emissioni cantonali, anche se avvengono all’estero. Ne consegue che annulla una parte consistente degli sforzi di decarbonizzazione compiuti nel nostro Cantone, vanificando il lavoro svolto e gli ingenti investimenti che si sono fatti e si stanno facendo per promuovere la sostenibilità.

Negli ultimi 10-15 anni, il progresso della scienza climatica ha rafforzato ulteriormente le basi decisionali per un’azione determinata. Nel 2011, anno in cui si tenne la votazione popolare sull’iniziativa “Per un’AET senza carbone”, la consapevolezza pubblica e le evidenze scientifiche erano già significative, ma ancora in via di consolidamento. Da allora, i rapporti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) hanno aggiunto nuove e drammatiche conferme. 

Il Quinto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR5), pubblicato nel 2013-2014, ha fornito le basi scientifiche che hanno portato all’Accordo di Parigi del 2015. Questo documento ha chiarito che per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C, le emissioni globali devono essere ridotte del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010 e azzerate entro il 2050. Tuttavia, da allora le emissioni globali sono aumentate, e il carbone continua a essere una delle principali fonti di energia in molti Paesi.  

Il Sesto Rapporto di Valutazione, sempre del IPCC, (AR6), completato nel 2023, ha fornito un quadro ancora più preciso. Esso ha sottolineato che le conseguenze di un riscaldamento superiore a 1,5°C saranno devastanti: scioglimento accelerato dei ghiacciai, innalzamento dei mari, perdita di biodiversità e un aumento esponenziale degli eventi climatici estremi. Questo rapporto non è solo un documento tecnico, ma un appello urgente all’azione. Ogni tonnellata di CO2 evitata oggi riduce i rischi futuri, e l’abbandono del carbone è una delle azioni più immediate e significative che possiamo intraprendere.

Anche a livello svizzero, gli scenari climatici pubblicati nel 2018 hanno reso evidente l’impatto del cambiamento climatico sul nostro territorio. Questi studi hanno delineato due futuri possibili: uno scenario in cui si agisce per limitare il riscaldamento e uno in cui non si fa nulla. Nel primo caso, possiamo aspettarci un clima più stabile, mentre nel secondo scenario ci attendono estati sempre più torride, inverni nettamente più miti, eventi estremi più frequenti con conseguenti gravi e danni economici importanti.

Alla luce di queste evidenze, continuare a sostenere la partecipazione alla centrale di Lünen è una scelta incoerente con gli impegni assunti dal nostro Cantone attraverso il Piano Energetico e Climatico Cantonale (PECC). Questo piano mira a ridurre le emissioni per raggiungere la neutralità climatica e a promuovere le energie rinnovabili, ma la partecipazione di AET a Lünen contribuisce ad andare nella direzione opposta.

È ancor più grave che AET abbia addirittura intentato una causa di arbitrato contro il governo tedesco per ottenere risarcimenti legati alla graduale uscita dal carbone. Questo approccio mina la credibilità di AET. La decisione germanica è motivata infatti dagli stessi evidenti argomenti di protezione del clima che erano alla base dell’iniziativa “Per un’AET senza carbone” e del relativo controprogetto elaborato dal Gran Consiglio e poi accettato dal popolo. La decisione del governo tedesco, seppur con due anni di differenza sul termine di uscita (2033 invece di 2035), conferma nella sostanza la decisione popolare ticinese, poi confluita nella legge Energia Cantonale che esclude nuove partecipazioni di questo tipo. Per una azienda interamente in mano pubblica come AET le richieste di risarcimento presentate contro il governo tedesco sono climaticamente e politicamente insostenibili oltre che in netta contraddizione con gli obiettivi strategici del PECC condivisi dalla stessa AET. 

La partecipazione di AET alla centrale di Lünen non è solo stato un errore strategico, economico e ambientale, ma anche un segnale sbagliato che inviamo ai nostri cittadini e alle generazioni future. Continuare su questa strada alla luce delle nuove basi scientifiche a disposizione è irresponsabile. Non possiamo permetterci di sottovalutare ancora l’urgenza della crisi climatica e rinunciare al nostro ruolo fondamentale nella promozione di un futuro sostenibile.

Considerato che la data per la cessione della partecipazione contenuta nella mozione è stata ormai superata a causa della lenta evasione di questo atto, la minoranza della commissione ritiene ragionevole concedere un  periodo di transizione fino al 31 dicembre 2029. Questo termine permette ad AET di pianificare un’uscita che minimizzi l’impatto finanziario, ma che al contempo dimostri il suo sincero impegno per il clima.

Vi invitiamo quindi a bocciare il rapporto di maggioranza e a sostenere la proposta della minoranza. Questo è un passo indispensabile per rafforzare la coerenza delle nostre politiche climatiche.

Grazie. 

Matteo Buzzi