Spesso sono le piccole cose, apparentemente insignificanti, ad evocare discorsi ampi e importanti. Discorsi non semplici, talvolta polarizzanti.

L’iniziativa, che affronta l’obbligatorietà della mensa della scuola dell’infanzia, si china su temi e necessità molto ampie. Da un lato vi sono genitori che vorrebbero passare più tempo con i propri bimbi e bimbe, che chiedono più flessibilità o che vedono necessaria una maggiore individualizzazione dell’approccio educativo. Dall’altro, esigenza con cui il Dipartimento è estensivamente confrontato, la mensa svolge una funzione di sostegno concreto per molte famiglie, specialmente là dove entrambi i genitori lavorano.

Preoccupazioni e necessità legittime e sentite, che, come tali, devono essere tematizzate, accolte dall’organo scolastico e prodursi in corretto accompagnamento. Centrali e fondamentali nel nostro discorso, se crediamo nella scuola come un progetto condiviso e collettivo, sono le esigenze di bambini e bambine.

Quali rischi? Garantire che tutti i bambini e le bambine possano rimanere a scuola anche a mezzogiorno significa offrire un’opportunità reale di conciliazione famiglia-lavoro, senza creare disparità. Senza, perciò, che la mensa sia percepita come un servizio “assistenziale” riservato solo a chi non ha alternative, ma come uno spazio comune e condiviso da tutti e tutte, valorizzando la dimensione collettiva dell’educazione. Oltre a ciò, menzionato all’interno dell’iniziativa, è importante ribadire il valore educativo che la mensa rappresenta. Così come riteniamo fondamentale la frequenza alle attività scolastiche, anche il momento del pranzo condiviso è parte integrante del percorso di crescita di bambini e bambine. La mensa non è solo un luogo dove si mangia, ma un contesto educativo a tutti gli effetti, dove si imparano la convivialità, il rispetto delle regole comuni, l’autonomia e la relazione con le altre persone.

Quali rischi dall’altro lato? Tra le argomentazioni portate vi sono anche valide riflessioni circa la salute psicofisica di bambini e bambine: è con piacere vedere l’avanzamento degli studi nel riconoscere le tante (precedentemente celate) necessità particolari proprie non solo della prima infanzia, ma anche della popolazione tutta. Disturbi del sonno, alta sensibilità e altre lievi difficoltà psicofisiche ricevono sempre più attenzione e si ampliano le competenze in merito. La bibliografia è ampia e promuove un approccio delicato ed olistico, sempre più attento alle necessità delle e dei più piccini, sicuramente una tendenza che sfida i rapidi ritmi competitivi che dall’ambiente lavorativo raggiungono talvolta in modo incessante anche l’ambiente scolastico.

Si è detto che figli e figlie non sono di proprietà di nessuno: ci mancherebbe. Sono però una responsabilità, una responsabilità condivisa e complementare tra famiglia e Stato: non una e non l’altro può distogliersi dalle necessità particolari, dal bisogno di mangiare sano e riposare sufficientemente, di vivere bene e senza stenti, di passare tempo con coetanee e coetanei e in natura.

La conclusione immediata per un approccio più individuale, più specifico, sembrerebbe, in alcuni casi, la deroga scolastica. Tale approccio può essere realizzato anche in un contesto scolastico, con la dovuta flessibilità. Crediamo che il benessere di bambini e bambine debba essere al centro delle nostre scelte. Crediamo che ciò debba avvenire collettivamente nella e con la scuola pubblica, come uno spazio e un progetto democratico. È nostra la richiesta e l’esigenza per uno spazio equo e accessibile come pure la sensibilità nel comprendere una necessità di maggiore gradualità e valorizzazione dell’esperienza educativa in seno al nucleo famigliare. Il nostro gruppo avrà libertà di voto sull’oggetto.

Nara Valsangiacomo