L’autogestione rappresenta una voce importante per la varietà politica, culturale e sociale. Una voce che si muove in spazi collettivi, al di fuori delle logiche istituzionali e commerciali. Una voce che contribuisce a dare vita a idee innovative e a promuovere l’arte indipendente. L’autogestione non è quindi solo un problema come è stato detto. Ma anche una voce che qualche anno fa, in Ticino, è stata violentemente messa a tacere. E a proposito di ciò, silente è ancora purtroppo anche la giustizia. Ad oggi, non si sa chi ha deciso cosa quella notte di maggio e nei mesi precedenti e nessuno ha il coraggio di assumersi la responsabilità politica di quanto avvenuto.

La tensione tra il movimento autogestito Csoa e le autorità, rimane una questione aperta e riflette un conflitto più ampio e longevo tra visioni diverse di vivere lo spazio urbano, la partecipazione politica e la società.

Per comprendere appieno il significato e il valore dell’autogestione, occorre infatti collocarla nel contesto storico e sociale da cui trae origine: una risposta spontanea e collettiva alle carenze di spazi pubblici dedicati alla libera espressione politica, culturale, sociale e artistica; una rottura con le regole costituite. Questa esigenza non è mai stata solo locale, ma parte di una dinamica globale che vede le comunità riprendersi attivamente il diritto alle città. In tal senso, se è vero che le regole istituzionali possono rappresentare un ostacolo, è altrettanto vero che una mediazione trasparente e propositiva potrebbe creare un equilibrio tra le istanze dell’autogestione e quelle delle autorità, evitando conflitti e frammentazioni.

La discussione odierna rappresenta però un ulteriore strappo a una ferita ancora aperta, da un lato per l’assenza di tutte le parti coinvolte e dall’altro per il rischio di istituzionalizzare qualcosa che per definizione non può esserlo. È pertanto importante che se oggi assegniamo al Governo il compito di intercedere e mediare per trovare un posto adatto ai bisogni dell’autogestione, che la discussione riparta inizialmente da quanto davvero successo nel maggio 2021 per poi arrivare a valutare, con il tempo, se l’esercizio sia davvero voluto dall’assemblea del Csoa. Sarebbe altresì auspicabile che la discussione pubblica e politica non si limiti solo a individuare uno spazio fisico per l’autogestione, ma si estenda a una riflessione più ampia sulla partecipazione democratica e sull’importanza di preservare la diversità politico e culturale come antidoto alla standardizzazione. Creare un dialogo costruttivo, coinvolgendo tutte le parti interessate, può essere un primo passo per riconoscere il valore collettivo delle esperienze autogestite.

Va effettivamente anche sottolineato che le espressioni di pluralismo culturale, sociale e politico sono molteplici. Qualora l’esercizio auspicato dalla mozione fallisse con l’autogestione per come la conosciamo e intendiamo rispetto alla realtà dell’ex Macello, lo stesso deve essere svolto con tutte le altre realtà culturali e sociali indipendenti o autogestite del Cantone. Queste potranno infatti forse meglio organizzarsi e identificarsi in spazi individuati dal Cantone e, in un certo senso, sottostare alle sue regole.

In questo senso il nostro sostegno al rapporto di maggioranza va piuttosto letto nell’ottica di identificare spazi e strutture adeguate a ospitare qualsivoglia tipologia di espressione politica, artistica indipendente o di autogestione, previa la sua volontà di partecipazione, che possa arricchire il pluralismo culturale, sociale e politico del Ticino. Ne abbiamo davvero tanto bisogno.