di Andrea Stephani, Gran Consigliere per I Verdi

Un’alimentazione sana è la base di un sistema immunitario ben funzionante. È la conclusione di uno studio condotto da un’équipe di ricercatori svizzeri (Università di Losanna, Zurigo e Groningen, ETH e Associazione svizzera per l’alimentazione), riportata nell’edizione di lunedì 26 ottobre del CdT. Secondo la dottoressa Mette Berger dell’Università di Losanna, la carenza di micronutrienti importanti (vitamina D e C, acidi grassi, omega-3, selenio e zinco) indebolisce le nostre difese immunitarie e la politica è ancora ferma ad una “vecchia visione dell’alimentazione” che ne considera unicamente il suo ruolo potenzialmente tossico e non ne mette in risalto, invece, i suoi indubbi effetti benefici sull’organismo. Per la professoressa Berger, dunque, è necessaria “un’azione di politica sanitaria”, complementare alle misure sanitarie vigenti che rimetta al centro dell’agenda politica un’alimentazione sana quale misura di prevenzione della salute.

Durante la scorsa seduta di Gran Consiglio, a larga maggioranza, il plenum ha approvato una modifica della Costituzione cantonale volta ad inserire tra gli obiettivi sociali anche il principio della sovranità alimentare. Secondo la Dichiarazione di Nyéléni, la sovranità alimentare è “il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, ed anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo”. Consolidando il grado di autoapprovvigionamento locale (ovvero la quota di produzione indigena rispetto al consumo di derrate alimentari), il principio della sovranità alimentare favorisce lo sviluppo di un’economia agroalimentare più sana, equa e sostenibile, ponendo l’accento sui mercati locali e le filiere corte.

L’approvazione di questo principio è stato un piccolo ma doveroso gesto volto a riconoscere il ruolo fondamentale dell’agricoltura quale colonna portante di un’economia sostenibile, ecologica e sociale; soprattutto in tempi di pandemia (e di limitazioni). Ma se l’importanza del settore primario e la valorizzazione dei prodotti locali hanno creato una certa unanimità, non si può dire altrettanto del concetto legato alla promozione di un’alimentazione sana e variata.

Dai banchi dell’UDC, l’ormai ex partito agrario, qualcuno si è scagliato “contro lo Stato che mette il naso nel frigorifero dei cittadini”. Qualcun altro ha addirittura lodato l’esistenza del “junk food” (letteralmente, “cibo spazzatura”), che, offrendo a bassissimo costo pasti ipercalorici, consente a lavoratrici e lavoratori sottopagati di mettere nello stomaco carburante sufficiente per continuare a lavorare come muli per un tozzo di pane. Anzi, per un hamburger fatto di ammoniaca e frattaglie tritate. Alcune critiche sono giunte anche dal centro dell’emiciclico: un deputato si è infatti rifiutato di votare la modifica poiché non capiva l’importanza di introdurre il concetto di “dieta sana e variata” nella Costituzione.

Tutti esempi (e al contempo vittime inconsapevoli) di quella che la professoressa Berger definisce una “vecchia visione dell’alimentazione”, ossia di una concezione del cibo che si accontenta del minimo (stabilire le soglie di ciò che è potenzialmente tossico) e non aspira mai a qualcosa di meglio. Una politica miope e stantia che preferisce tamponare le conseguenze sociali e sanitarie di un fenomeno, piuttosto che provare a prevenirne gli effetti nefasti.

Anche in questo frangente, è doveroso cambiare paradigma riconoscendo ad un’alimentazione sana e variata un ruolo fondamentale di profilassi e prevenzione di numerose patologie. Le proposte ci sono e vanno sostenute: dal principio della sovranità alimentare – che dovrà essere confermato in votazione popolare – alla Mozione delle Giovani Verdi per un’alimentazione sostenibile nelle mense scolastiche cantonali. Anche perché, come scriveva Virginia Woolf, “uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se prima non ha mangiato bene”.