di Greta Gysin, consigliera nazionale Verdi del Ticino

 

I cinque anni più caldi di sempre, dall’inizio delle misurazioni 150 anni fa, sono stati dopo il 2010. La temperatura media in Svizzera rispetto all’epoca preindustriale è aumentata di 2°C, un incremento doppio rispetto a quello medio globale. È quanto emerge da un nuovo studio di MeteoSvizzera fatto in collaborazione con l’Ufficio federale dell’ambiente (“I cambiamenti climatici in Svizzera “, reperibile online).

Le conseguenze dei cambiamenti climatici si fanno vieppiù evidenti anche da noi: i ghiacciai si rimpiccioliscono a vista d’occhio, la frequenza e l’intensità delle ondate di caldo aumentano e gli eventi metereologici estremi pure. Anche la flora e la fauna è in trasformazione: la fauna ittica che ama le temperature più basse, come la trota, soffre l’aumento delle temperature e subisce importanti perdite degli effettivi. La germinazione delle piante avviene sempre più presto, con l’aumento del rischio – ad esempio per i ciliegi – di danni dovuti alle gelate tardive.  

Anche per l’uomo i cambiamenti climatici hanno un grande impatto: durante la caldissima estate del 2003, in soli tre mesi sono decedute quasi mille persone più della media. L’aumento della mortalità si è confermato in tutte le estati canicolari.

Lo studio illustra anche gli scenari cui andiamo incontro: se le emissioni continuassero ad aumentare, la temperatura media in Svizzera nel 2100 sarà tra i 4,8 e i 6.9°C superiore a quella pre-industriale. Uno scenario catastrofico, in cui la vita diventerebbe difficile e pericolosa anche alle nostre latitudini: il caldo insopportabile nelle città sarebbe distruttivo quanto le frane e gli smottamenti dovuti allo scioglimento del permafrost nell’arco alpino (il Pizzo Cembalo, lo ricorda qualcuno?).

La buona notizia è che per quanto nella politica climatica abbiamo registrato un imperdonabile ritardo, possiamo ancora evitare il peggio: con misure drastiche ed efficaci è possibile limitare il riscaldamento medio in Svizzera a 2.1-3.4°C, a livello globale a 1.5-2°C.

Chi ha rispetto della scienza non può negare la necessità di agire urgentemente: se la svolta climatica dovesse fallire, ci renderemmo responsabili di conseguenze gravissime e di un conto salatissimo, che ricadrà interamente sulle spalle delle generazioni future.

Questa dunque la cornice in cui ci muoviamo: siamo in tremendo ritardo, le conseguenze saranno devastanti, non possiamo permetterci di non fare nulla.

L’assemblea federale lo scorso settembre ha finalmente licenziato, dopo tre anni di tortuosi lavori, la nuova legge sul CO2. Una Legge tecnica e complessa, che va a raddoppiare l’impegno climatico della Svizzera. Un primo successo della revisione è che l’obiettivo di Parigi di mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2°C e fare sforzi per limitarlo a 1.5°C è finalmente iscritto nella Legge. Per raggiungere questo obiettivo, si intende dimezzare le emissioni entro il 2030 e raggiungere il netto 0 entro il 2050.

 La Legge stabilisce  gli strumenti necessari e – per la prima volta! – tutti i settori responsabili di emissioni di gas serra sono contemplati. Vengono estese le misure già in vigore nel settore della mobilità e dell’edilizia. Finalmente si definiscono misure per il settore dell’aviazione (responsabile di quasi il 20% dell’effetto climatico delle emissioni) e quello della finanza (che con i suoi investimenti all’estero causa 20 volte tante emissioni quante quelle prodotte in Svizzera).

L’UDC, finanziata e sostenuta dalla destra economia e dall’industria del petrolio, ha lanciato un referendum contro la Legge. Se l’opposizione della destra e dei negazionisti del cambiamento climatico non stupisce, ferisce quella di alcune sezioni della gioventù per il clima e di parte della sinistra radicale. I primi dicono che la Legge non si spinge abbastanza lontano, i secondi sostengono che sia antisociale.

Che le Legge sia insufficiente è innegabile. Anche i Verdi la considerano un punto di partenza della politica climatica Svizzera, non certo di arrivo. Ci saranno ulteriori occasioni per rafforzare l’impegno climatico svizzero, come l’Iniziativa sui ghiacciai e la revisione della strategia energetica. Come Verdi svizzeri stiamo affinando un piano climatico realistico e con proposte concrete, che ci permetterà di raggiungere il netto 0 entro il 2040 ed in seguito di ottenere emissioni negative.

Rifiutare la nuova Legge significherebbe ritardare di anni la revisione e accontentarsi per questo tempo prezioso dell’attuale legislazione, ancora meno incisiva e più inadeguata. Il successo del referendum dovrebbe poi essere interpretato: la lettura non sarà che “serve una Legge più incisiva”, ma che “siamo andati lunghi, dobbiamo frenare”. Da un punto di vista ambientale è quindi controproducente sostenere il referendum. 

Anche dal punto di vista sociale è sbagliato opporsi alla Legge. Le fasce meno abbienti della popolazione, da noi come nel resto del mondo, saranno quelle che per prime e maggiormente subiranno le conseguenze dei cambiamenti climatici. È infatti probabile che i flussi migratori esploderanno se non si riuscirà a raggiungere gli obiettivi climatici.  Sostenere l’impegno climatico della Svizzera è quindi anche una questione di responsabilità sociale.

L’opposizione è sbagliata però anche nelle sue considerazioni finanziarie: grazie al meccanismo di redistribuzione di gran parte dei proventi delle tasse sul CO2 e al fatto, incontestabile, che i redditi bassi hanno consumi più basso, per una grande maggioranza di questi ultimi il bilancio finanziario della Legge sarà positivo anche se entro il 2030 le tasse dovessero aumentare drasticamente (studio Infras, reperibile online). Solo per le famiglie che avranno ancora alti consumi di combustibili fossili il bilancio finanziario sarà negativo: per famiglie a basso reddito e alti consumi l’addebito netto sarà tra 270 e 400 CHF/anno nel 2030. Meno di 10 CHF a persona al mese, quindi, e solo nel caso in cui i consumi fossili della famiglia rimanessero elevati. Avremo 10 anni di tempo per adeguarci: basterebbero infatti pochi cambiamenti del comportamento o l’adozione di nuove tecnologie per compensare l’aggravio o addirittura guadagnarci. È un meccanismo giusto e sensato che premia i comportamenti virtuosi.  Anche perché, grazie al nuovo Fondo per il clima, lo Stato sosterrà tutt* nella transizione verso una società libera dal carbone.

La Legge sul CO2 non è l’ambito giusto per ottenere più giustizia sociale. Ma è un passo indispensabile per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Un dovere che è parimenti ambientale e sociale.

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