Grazie presidente, consiglieri di stato, consigliera di stato, colleghe e colleghi

Tramite il Dipartimento del Territorio il Consiglio di Stato ha in mano le principali chiavi ticinesi della transizione ecologica.

Essa va declinata nel campo energetico e climatico, nel campo della mobilità, nel campo della gestione territorialee nel campo della biodiversità. Se da un lato le sfide principali sono state chiaramente identificate dal Dipartimento, dall’altro gli obiettivi temporali non sono sufficientemente ambiziosi e quindi la velocità del cambiamento decisamente troppo lenta. Vuoi per mancanza di obiettivi politici ambiziosi, vuoi per una mancanza di mezzi finanziari, vuoi per non scontentare troppi portatori di interesse, constatiamo nuovamente che la bassa velocità di crociera è l’elemento che definisce nel modo più appropriato il lavoro del Dipartimento.

La distanza tra i nostri obiettivi in termini di tempistiche di transizione e quelli che guidano l’operato del dipartimento del Territorio e del Consiglio di Stato è infatti molto ampia. Questo ci ha portato in passato a sempre bocciare i preventivi perché non erano in grado di affrontare con il piglio necessario la transizione ecologica. Pur avendo firmato un rapporto di minoranza le nostre intenzioni di fondo però non cambiano e guideranno le nostre riflessioni che seguono.

La distanza tra obiettivi necessari e quelli perseguiti può essere ben esemplificata nella politica climatica dove per noi Verdi è fondamentale raggiungere la neutralità climatica già entro il 2040 invece del 2050, e questo per tener conto delle nostre emissioni storiche.

Ammettendo che gli investimenti nella decarbonizzazione e nell’efficienza energetica previsti dal Consiglio di Stato siano calibrati per raggiungerla effettivamente nel 2050 significa che per raggiungere il netto 0 già nel 2040 bisognerebbe aumentare di almeno il 50% gli investimenti annui in questo settore. Un investimento annuale maggiore certo ma che ci darebbe poi in prospettiva dei vantaggi enormi. La crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina e dall’inaffidabilità del nucleare francese e la conseguente esplosione dei prezzi dell’energia ce l’ha mostrato molto bene. Industrie ed economie domestiche lo stanno ancora sperimentando sulla loro pelle con le tariffe elettriche che anche quest’anno sono ulteriormente aumentate.

Fortunatamente l’esplosione dei prezzi dell’elettricità sul mercato ha innescato finalmente la svolta nel fotovoltaico. Alla luce di questo sviluppo nel fotovoltaico è evidente che il PEC del 2013 è stato superato dagli eventi. Il nuovo PECC messo in consultazione tarda però ad arrivare. Forse il consigliere di Stato potrà certamente darci qualche informazione sulle sue tempistiche di adozione. Speriamo che il PECC possa considerare degnamente il potenziale del fotovoltaico in Ticino e non fare la fine del suo predecessore.

Nonostante la velocità di crociera nella transizione energetica sia ancora lenta, salutiamo però con favore il fatto che nel settore della decarbonizzazione si è potuto aumentare nel 2023 e confermare con questo preventivo l’aumento dei collaboratori o delle collaboratrici.

In generale nel campo della transizione ecologica per noi è inaccettabile un contenimento degli investimenti ma anche un taglio del personale come vorrebbe la destra di questo emiciclo. I tagli non farebbero altro che causare ulteriori ritardi alla transizione energetica, ipotecando il raggiungimento dell’indipendenza energetica.

La decarbonizzazione della politica energetica cantonale significa anche abbandonare gli scheletri fossili ancora negli armadi di AET. Auspichiamo quindi che il Consiglio di Stato come organo vigilante su AET faccia applicare alla lettera quanto deciso dal popolo: AET deve abbandonare la sua partecipazione a Lünen entro il 2035 e quindi anche ritirare l’incomprensibile causa che ha intentato al governo tedesco a seguito della decisione della Germania di uscire dal carbone.

Passando alla mobilità, vediamo tante buone intenzioni ma mancanza di coraggio nel definire veramente delle priorità di sostenibilità. Il taglio ai mezzi di trasporto pubblici di 4.5 milioni, lasciando la compensazione all’aumento degli abbonamenti e carte Arcobaleno e all’aumento dell’utilizzo è un brutto segnale in controtendenza al quale ovviamente ci opponiamo. Per noi Verdi il mezzo di trasporto pubblico deve costare ancora meno, per attrarre più utenti e quindi sgravare le nostre strade ormai spesso al limite del collasso viario. Con una nostra mozione chiediamo una riduzione del costo degli abbonamenti del 25%. Invece di un taglio sarebbe quindi necessario spendere almeno una decina di milioni in più per gli abbonamenti. Parallelamente invece si risparmia poco o nulla nella manutenzione e pavimentazione stradale, anzi a causa della scelta dell’asfalto fonoassorbente i costi aumentano significativamente a causa della sua durata inferiore. E questo mentre basterebbe ridurre la velocità a 30 km/h per ottenere lo stesso risanamento fonico.

Nel campo della pianificazione territoriale, anche a seguito della decisione del Consiglio Federale che ha approvato solo in modo condizionato la revisione di alcune schede del Piano Direttore, il lavoro da fare è tanto e grandi sono le incertezze nelle realtà comunali, anche per una incomprensibile titubanza della sezione dello sviluppo territoriale a dare una celere risposta ai comuni che hanno già sottoposto i loro calcoli di contenibilità. Secondo noi sarebbe necessario uno sforzo maggiore. Le contestazioni delle decisioni del Consiglio Federale riguardo alle questioni demografiche e la conseguente lentezza con cui si procede sperando nel frattempo in una inversione di tendenza della popolazione residente, non fanno altro che mantenere in vita in molti comuni piani regolatori ormai obsoleti e che hanno stimolato e stimolano tuttora una inutile e indecente speculazione edilizia. Il dubbio che si voglia tirarla per le lunghe in modo da permettere un’ultima indisturbata abbuffata di territorio è alquanto fondato. Il territorio una volta edificato sarà però perso per sempre.

La biodiversità è la base esistenziale dell’uomo poiché fornisce servizi indispensabili di grande valore ecologico, economico e sociale, i cosiddetti servizi ecosistemici. La loro perdita costituisce una minaccia per le stesse basi esistenziali dell’uomo. La metà dei 230 ambienti naturali in CH è minacciata e il 35% delle specie è minacciata. Per questo andrebbe perseguita una politica ben più incisiva per invertire la tendenza. Anche lo stato di salute del bosco ticinese non è eccellente, il mutamento climatico sta diventando sempre più un fattore di stress e la selvaggina presente in grandi concentrazioni mette in pericolo il rinnovo del bosco, con tutte le conseguenze del caso soprattutto se si tratta di bosco di protezione. Qui saranno necessari interventi forestali non indifferenti per ringiovanire il bosco, inserendo laddove possibile anche alberi più resistenti. Uno dei pochi nuovi elementi positivi, ovvero l’arrivo del lupo che tiene in movimento la selvaggina riducendone l’impatto locale, è fortemente ostacolato ora anche con decreti di abbattimento. Noi riteniamo che il servizio ecosistemico del lupo debba finalmente essere riconosciuto e che il suo monitoraggio vada esteso anche per poter mettere in piedi le appropriate misure di protezione necessarie.

In Conclusione, è evidente che le sfide di sostenibilità ambientale che il DT deve affrontare necessitano di maggiori risorse finanziarie per essere affrontare con la giusta velocità. In questo senso ci chiediamo quale è la prospettiva futura. E qui chiediamo al Consigliere di Stato, se sono da prevedere dei significativi tagli in futuro nel campo della transizione ecologica in generale e nei settori da noi citati in precedenza in particolare.

Termino dicendo che nel quadro di questo preventivo, considerate le condizioni finanziarie difficili non abbiamo ancora chiesto di aumentare le risorse a disposizione del DT, ma ci opponiamo con decisione a qualsiasi taglio nella transizione ecologica, sia in termini di investimenti che di spese per il personale. Non possiamo infatti tagliare sul futuro ambientale dei nostri figli, figlie e nipoti.