I Verdi del Ticino e i Verdi delle sezioni regionali e comunali rivendicano l’istituzione di zone di pianificazione affinché gli obiettivi della Legge sulla pianificazione del territorio – arginare la dispersione degli insediamenti e prescrivere lo sviluppo centripeto di qualità – non rimangano lettera morta quando i piani regolatori comunali entreranno finalmente in vigore.

La presa di coscienza degli effetti negativi del rapido e caotico sviluppo degli insediamenti, delle infrastrutture e delle attività produttive risale almeno agli anni ’60 del secolo scorso. Già allora il Ticino si rendeva conto del rischio di speculazione edilizia, deturpazione del paesaggio e degrado ambientale, conseguenza dell’assenza di un quadro normativo. Per evitare la proliferazione disordinata degli insediamenti e disciplinare l’uso del territorio il governo ticinese propose, tra il 1964 e il 1968, una Legge urbanistica cantonale. La legge fu affossata da un referendum popolare aizzato dai proprietari che temevano di non poter più costruire ovunque, dai Comuni che denunciavano un’inaccettabile ingerenza da parte del Cantone e dagli speculatori che difendevano le prospettive di guadagno sulla compravendita di terreni e sulle costruzioni.

Più di 50 anni dopo, seppure nel frattempo una legge sulla pianificazione del territorio fosse arrivata e in seguito addirittura rivoluzionata per volontà del popolo nel 2013, sembra di riascoltare le medesime parole del 1969. “La nuova legge persegue lo scopo di arginare l’utilizzazione eccessiva del suolo e la speculazione fondiaria” si dichiara solennemente da un lato, “per i Comuni rappresenta un enorme lavoro e un costo considerevole, i danni economici agli attuali proprietari saranno giganteschi” si allarma dall’altro. Vista la posta in gioco, non sorprendono i tempi lunghissimi prevedibili in Ticino per tradurre i principi della Legge federale sulla pianificazione del territorio in realtà.

Il Piano direttore del Ticino, che getta le basi affinché gli aggiornamenti dei PR avvengano conformemente alle disposizioni federali e ne fissa le tempistiche, sarà l’ultimo fra tutti i piani direttori cantonali svizzeri a entrare in vigore. La scheda R6 del piano direttore (“Sviluppo degli insediamenti e gestione delle zone edificabili”) è stata infatti approvata dal Gran Consiglio solo a metà del 2021. Essa ha finalmente recepito il mandato della revisione del 2013, che non è solo di evitare la dispersione degli insediamenti, ma ha anche di raggiungere obiettivi qualitativi e sfruttare più efficacemente la sostanza edificata esistente. Per diventare effettivi, questi principi devono essere recepiti dai PR comunali, attraverso un processo di circa un decennio (2 anni per verificare il dimensionamento delle zone edificabili, 2 anni per l’elaborazione di un programma d’azione comunale per lo sviluppo centripeto di qualità e fino a 6 anni per l’adattamento dei PR).

Passeranno dunque circa 70 anni – la vita di una persona – affinché ai timori espressi dai politici degli anni ’60 del secolo scorso sia data una risposta. Nei Comuni si continuerà ancora per anni a rilasciare licenze edilizie in base ai vecchi PR eccessivamente generosi, in barba all’obiettivo della legge di frenare il consumo eccessivo del suolo. Di conseguenza, progredirà l’urbanizzazione diffusa e caotica, il problema del traffico rischia di aumentare ulteriormente e il paesaggio andrà avanti a imbruttirsi. Ci si può legittimamente chiedere se i nuovi PR, quando finalmente entreranno in vigore, saranno ancora in grado di fare una differenza.

 

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I Verdi del Ticino e i Verdi delle sezioni regionali e comunali hanno inoltrato una serie di interrogazioni al Consiglio di Stato e ai Municipi di Lugano, Locarno e Mendrisio (ancora in preparazione ad Acquarossa e Capriasca), la cui rivendicazione principale è l’istituzione di zone di pianificazione affinché, quando i piani regolatori comunali entreranno finalmente in vigore fra una decina di anni, gli intenti di limitare la dispersione degli insediamenti, arginare la speculazione fondiaria e imporre uno sviluppo qualitativo, non siano superati dagli eventi. Recentemente anche il gruppo Insieme a sinistra e I Verdi di Novazzano hanno depositato un’interrogazione dal tenore simile.

La legge infatti prevede la possibilità di intervenire sin da ora, istituendo zone di pianificazione a salvaguardia degli obiettivi di sviluppo territoriale e per garantire l’adeguamento delle pianificazioni locali, anche su tutta la superficie del Cantone. Il Cantone Vaud, ad esempio, ha fatto ampio uso di questa possibilità.

Riteniamo necessario che attraverso l’impiego flessibile di questo strumento l’edificazione sia limitata nei luoghi dove non ci sono interessi pubblici o privati chiari coerenti con gli obiettivi a lungo termine.  Si tratta in particolare di garantire uno sviluppo centripeto non soltanto quantitativo ma anche qualitativo per assicurare l’equilibrio delle attività di incidenza territoriale (aree di svago sufficienti, commerci di prossimità, aree industriali ed artigianali). In alternativa, fintanto che i nuovi PR non entreranno in vigore, chiediamo l’istituzione di una zona di pianificazione sull’intero territorio cantonale che limiti alle ristrutturazioni e a costruzioni di interesse pubblico gli interventi edilizi possibili.

Chiediamo dunque allo Stato di intervenire in modo coraggioso (la legge lo permette), di dimostrare di non voler subire o essere complice dell’urbanizzazione disordinata e dell’imbruttimento del paesaggio, di accelerare la concretizzazione degli obiettivi della legge sulla pianificazione del territorio affinché già le nostre generazioni possano approfittare dei risultati. Reindirizzare l’economia edilizia è un’opportunità per risanare tutta l’economia cantonale, ricentrando le priorità di sviluppo economico e creando e ricreando spazi (soprattutto in zona urbana e periurbana) per le attività, sia sociali che economiche, che lo sviluppo sconsiderato ha sacrificato.

 

I Verdi del Ticino